Ale, Teo, Vì (Concerto - Presto) // Prima parte

Preludio (Teo - Presto)

“Teo?”
“Sì, chi è?”
“Sono Sonia, la ragazza di ieri sera.”
Sonia, la cassiera del Game Over.
“Volevo chiederti se avessi impegni per stasera...”
“Mmh, impegni?.., no! Sono completamente privo di impegni al momento.”
“Ah, bene...perchè oggi avrei il giorno libero e...ecco, mi chiedevo se ti andasse di incontrarci per un aperitivo.”
“Certamente.”
“Pensavo al Daydrinking, è un posto carino, ci sei mai stato?”
“No. Dov'è?”
“Hai presente il quartiere di Porta Augusta?”
“Sì.”
Tombola.
“Allora, da Porta Augusta prendi a destra in Via delle Ceneri, continui per un paio di fermate superando la Coop, il pronto soccorso e la facoltà di Medicina. Là troverai un parcheggio da dove si vede un Blockbuster in lontananza, lo raggiungi e sei in via Aldo Moro, a quel punto continui in discesa per un centinaio di metri e prendi la prima a sinistra in Via delle Campagne. Tutto chiaro?”
“Ceneri a destra, filmacci al centro e campagne a sinistra. Niente di più facile.”
“A stasera allora.”
“A stasera, cara. Ciao.”
A che ora aveva detto Sonia? Soprattutto, si era parlato di orari al telefono con Sonia?
“Cazzo cazzo cazzo cazzo cazzo” urlò Teo guardando il soffitto, e più probabilmente oltre, “Che imbecille...a che ora va a fare l'aperitivo la gente normale? Alle sei? Troppo presto, entro e mi ritrovo da solo in un posto sconosciuto. Alle sette? Magari è già li che mi aspetta pensando che sono uno di quelli che se lo tira, appena entro mi stampa uno schiaffo in faccia e se ne va. Fantastico, Teo, davvero fantastico.”
Insomma, dilaniato dal dubbio, Teo alle cinque e mezza si aggirava già avanti al Blockbuster. In tre minuti, forse a causa degli ormoni che gli avevano amplificato il senso dell'orientamento e velocizzato le gambe, era già davanti al Daydrinking. Che era chiuso.
“SO-NO-U-NO-STRON-ZO. STRON-ZO STRON-ZO STRON-ZO” urlò al suo riflesso su una vetrina di un negozio di cosmetica.

Minuetto (Ale, Teo, Vì - Presto)

Vì entrò in casa. Andò in cucina, appoggiò la borsa, prese uno di quei bicchieri da una pinta rubati al locale, lo riempì d'acqua e se lo svuotò in quattro secondi scarsi. Poi la sua attenzione fu rapita da quella macchietta rosa sul frigo. Era un post-it.
“SONO AL DAYDRINKING. SPERO DI TORNARE DOMANI. Teo”.
Vì sapeva bene che Teo scriveva in maiuscolo solo quando era molto felice. Fece un ghigno satanico, accompagnato da una sinistra risata, e cercò il cellulare.
“Ale?”
“Ciao Vì, dimmi tutto”
“Non indovineresti mai!”
“Vuoi regalarmi mille euro?”
“Meglio. Teo ha un appuntamento. Adesso. E so dove.”
“Mi stai dicendo di andare a pedinarlo e di sabotargli la serata?”
“Tu mi leggi dentro.”
“Arrivo.”
Forse Ale sapeva deformare il tempo e lo spazio, forse Ale era il fratello illegittimo di Flash, fatto sta che in undici minuti undici suonò al campanello di Vì, che forse sapeva teletrasportarsi, che forse era la sorella illegittima del fratello illegittimo di Flash, fatto sta che undici secondi undici apparve dal pianerottolo delle scale ad Ale.
“Daydrinking. Subito.”
“Lo conosco, ci ho fatto un paio di serate l'anno scorso. E' dalle parti della facoltà di Medicina. Un cesso di posto. Uno di quelli in cui se non prendi qualche cocktail fosforescente ti guardano storto. Andiamo.”
Passarono il tragitto a fantasticare su chi potesse essere la ragazza con cui doveva vedersi Teo. Il ventaglio delle possibilità era molto ampio. Era un soggetto talmente strano che poteva effettivamente incontrare chiunque. Continuarono così a camminare, ridere e chiacchierare.
Il locale apriva alle sei e Teo in quel momento rimpianse di non fumare. Aspettò smanioso la fatidica ora e non appena si aprì la porta si fiondò dentro a farsi una birra ristoratrice. Alle sei e mezzo cominciò ad entrare qualche coppia e qualche gruppetto di amici, ma di Sonia non c'era neanche l'ombra, e Teo continuava a ristorarsi. Alle sette uno squillo all'ormai ubriaco ma stakhanovista eroe annunciava l'arrivo di Sonia. Corse in bagno a recuperare un aspetto umano e tornò a sedersi al suo posto accuratamente scelto, proprio davanti l'entrata. Alle sette e un quarto finalmente Sonia entrò.
“Ciao, Teo” bacio bacio “è molto che aspetti?”
“Ma scherzi? Sono qua da cinque minuti appena.”
Il suo alito al luppolo avrebbe potuto testimoniare il contrario.
Alle sette e mezzo una curiosa coppia varcò la soglia del locale. Una biondina vestita da abat-jour e uno spillo poco più alto che riempiva a fatica una stravagante camicia si sedettero al tavolo più in ombra di tutto il locale.
"Ma io la conosco, Vì, la conosco!"
"E chi sarebbe?"
“E' Sonia, la cameriera del Game Over...hai capito il buon vecchio Teo!”
“Non l'ho mai sentita nominare. L'ho mai vista?”
“Non penso. Ci siamo stati l'altra sera al Game Over, mentre tu eri occupata con Pablo.”
"Io non ero con Pablo, ero a casa. Da sola."
"Da sola con Pablo."
"Guarda che vermante non l'ho più visto dalla settimana scorsa."
"Va bene, il punto non è Pablo...però te lo devo chiedere: perchè proprio lui?" Ale non riusciva in nessun caso ad andare dritto al punto.
“Dai non me la far pesare! Già ti lascio immaginare quante me ne può aver dette Teo!”
“Ma gli hai fatto male?”
“Basta con questa storia! Ma che c'avete tutti? Poi dite della solidarietà femminile.”
“Dài che scherzo. Comunque, tornando a Teo, ieri stavamo chiacchierando seduti al bancone quando si accorse della rosa dei venti che lei aveva tatuata alla base del collo poco sotto l'attaccatura dei capelli. Da allora perse la testa e cominciò a tacchinarla fino allo sfinimento. Lei non sembrava troppo convinta, ma alla fine lui le scrisse il numero di telefono sullo scontrino dell'ultima birra.”
“Dai fammi guardare, cambiamoci di posto.”
Sonia si dimostrò una ragazza inaspettatamente brillante, di quelle che amano condurre la discussione, e Teo, nelle precarie condizioni psicofisiche in cui si trovava, reggeva a fatica la conversazione. Inoltre quel miscuglio violaceo nel bicchiere che aveva appena ordinato la ragazza con la rosa dei venti non prometteva niente di buono.
Parlarono di musica.
“Io facevo il dee-jay al Katakali fino a qualche mese fa!” se ne uscì trionfante il buon Teo.
“Allora ho un appuntamento con un vip!”
“Oddio, non è che fossi proprio un dee-jay, diciamo che mettevo su una canzone dopo l'altra a seconda del tema della serata...non avevo neanche un nome d'arte...neanche il computer era mio a dir la verità. Rut, il padrone, mi lasciava usare il suo...in realtà la maggior parte delle volte caricavo la play-list, schiacciavo play e tornavo in postazione all'ultima canzone per caricarne una nuova...potresti far finta che io non mai abbia pronunciato le ultime quattro frasi?”
Parlarono delle rispettive passioni.
“Oddio non mi definirei un patito del calcio, seguo qualche partita ogni tanto, giusto la Champions League, il campionato la Domenica pomeriggio a tempo perso, il posticipo serale...mondiali ed europei? Bah, solo le partite dell'Italia...del Brasile e dell'Argentina...a volte della Francia e della Germania, ma solo se non ho niente di meglio da fare.”
Parlarono della vita notturna universitaria.
“ Bè oltre al Katakali mi piace frequentare il...Cleb, il...pub di Gerri Il Lercio, anche se è più una taverna in effetti...ma non così spesso, poi. Ieri sera il Game Over mi è piaciuto molto.”
“Lo odio quel postaccio di merda, ti schiavizzano per quattro soldi.”
Parlarono, infine, di scuola.
“Seguo molto la vita in facoltà, le lezioni, i seminari, le...iniziative culturali...”
Insomma le cose non stavano andando proprio alla grande. Teo, durante la mezz'ora spesa ad aspettare che il locale aprisse e l'oretta abbondante davanti lo spillatore si era immaginato brillante, con una parlantina avvolgente. Si era immaginato di accoglierla con uno di quegli apprezzamenti da farla rimanere folgorata, di rapirla con qualche battuta sagace, di farla innamorare come mai in vita sua e di lasciarla, dopo una nottata di sesso sfrenato, ad aspettare ansiosa un suo messaggio, squillo o qualsiasi cosa fosse. Ma la realtà era ben diversa.
Poi venne la parte difficile.
Venne fuori che Sonia non era affatto vegetariana, ma la carne non la mangiava; che i romanzi di Moccia erano pattume, sì, ma che andava riconosciuto loro il merito di aver riportato una generazione a leggere; che Vasco Rossi non le piaceva, d'accordo, ma rimaneva pur sempre la storia del rock italiano; che del macchinone se ne fregava, ma un principe azzurro non ti viene mica a prendere con il Ciao; che non ci credeva mica nell'astrologia, ma l'oroscopo lo leggeva ogni sera prima di uscire; che il Feng Shui e la New Age non sono cose serie, ma tentar non nuoce. Che giudicare non spetta a noi. Che criticare senza proporre alternative è da vigliacchi. Che una rondine non fa primavera.
“Teo sta per esplodere. Ha la classica faccia di chi vorrebbe avere una motosega tra le mani.” disse Vì, osservando attentamente lo spettacolo per cui non aveva pagato il biglietto.
I suoi ormoni pregavano Teo di rimanere zitto, ma la sua misantropia e il suo cinismo lo spingevano a lasciare Sonia stesa a terra priva di vita, a prendere a calci la sua carcassa e a scrivere Helter Skelter sul muro con il suo sangue. Così, dilaniato da questo scontro interiore, con una vocina flebile riuscì appena a dire: “Perchè la rosa dei venti?”
“Ah, il tatuaggio. Ti piace? L'ho fatto in corrispondenza del terzo chakra, il Vishudda Chakra, quello che è responsabile del funzionamento della lingua, della bocca, della pelle e delle braccia, gli organi mediante i quali comunichiamo.”
“Ma pensa un po'...interessante...”
“Inoltre, secondo il Reiki...lo conosci vero, il Reiki? Secondo il Reiki, appunto, ogni chakra ha delle peculiari caratteristiche che ti trasmette quando riesci ad attivarlo, quelle del Vishudda sono il rispetto di sè, l'amore verso l'umanità e la relazione non possessiva nei confronti della famiglia e degli amici.”
“Non possessiva verso gli amici...mmh...” ribattè sempre più attonito.
“Pare che secondo la dottrina prevalente...”
“Dottrina prevalente?”
“Sì...secondo questi studiosi, insomma, attivare questo chakra è essenziale per accedere al mondo spirituale.”
“...mondo spirituale...”
Quella che gocciolava dalla bocca di Teo non era saliva, ma schiuma di rabbia.
“Poi la rosa dei venti mi piaceva di più come disegno rispetto a quello del Vishudda Chakra.”
L'antroposofia erano francamente troppo. Infatti un minuto dopo Teo era fuori dal locale che tirava madonne qua e là e prendeva a calci i cerchioni di ogni macchina che gli fosse capitata a tiro, e mentre imponeva delle audaci metamorfosi a più o meno tutte le divinità conosciute, sbraitava cose tipo “POSSIBILE CHE NON CI SI PUO' FARE UNA SACROSANTA SCOPATA SENZA SORBIRSI TUTTE 'STE CAZZATE? PERCHE'?”
Ale corse fuori, lo raggiunse, lo prese al collo da dietro e gli disse di calmarsi e che adesso se ne sarebbero andati da Gerri il Lercio a farsi una birra distensiva, o magari un vagone di birra distensiva, data la situazione. Intanto Vì era andata a parlare ad una incredula Sonia dicendole che per Teo era un periodaccio, che era stato appena bocciato ad un esame cui teneva molto, che, essendo un tipo molto sensibile, stava soffrendo molto per il nonno che aveva appena scoperto di non stare affatto bene e che bisognava provare a capirlo, poverino.
Sulla via per il Katakali il bollettino della guerriglia urbana personale di Teo incrementò vertiginosamente. In meno di due chilometri aveva fatto fuori otto specchietti, due della stessa macchina che a quanto pare l'aveva ispirato particolarmente, aveva preso a calci tutti i cassonetti dell'immondizia incontrati e aveva vistosamente ammaccato ogni cassetta dove imbucare le lettere.
“Qui le cose peggiorano, questo fra poco tira fuori il napalm dalle tasche! Dobbiamo sedarlo in qualche modo.” disse un Ale piuttosto preoccupato.
Nel sentire la parola “sedare” a Vì venne l'illuminazione.
“Ce l'ho! Passiamo a casa.”
“A casa?”
“Si, ti spiego quando saremo arrivati.”
Quando giunsero davanti il loro palazzo Teo aveva finalmente finito di distruggere e devastare. Entrarono e si avviarono alle scale quando Ale commise l'imperdonabile errore di lasciarsi sfuggire Teo, quando se ne accorse lo trovò davanti alla porta dell'avvocato, con le mani appoggiate a palmi aperti sull'inguine, che stava per cominciare il suo nuovo show.
“CIUCCIAMI IL C” Ale con uno scatto degno di un centometrista riuscì a placcarlo tappandogli la bocca in tempo. Riuscì a portarlo via porprio mentre l'imbellettato stagista stava aprendo la porta. Vì si gettò verso la cassetta della posta facendo finta di aprirla.
“Oh, salve Vì. Che strano, mi sembrava di aver udito la voce di Teo!”
“...sì...in effetti mi stava giusto ricordando dalle scale di controllare se fosse arrivata qualche bolletta...” provò a giustificarsi lei non troppo convinta.
“Tutto a posto allora! Ti saluto cara, abbi una buona giornata.”
“Ciao.”
Poi la porta si richiuse e lei tirò un sospiro di sollievo. Salì le scale e raggiunse gli altri. Per fortuna Teo era ancora intento ad occuparsi di definire il più accuratamente possibile l'avvocato per accorgersi di essere stato trascinato davanti la porta della coppia del primo piano, altrimenti avrebbe avuto qualche consiglio da dare anche a loro.
Lo fecero entrare, lo misero a sedere e Vì andò in camera sua a prendere la sua scorta mestruale.
Quella che Teo chiamava “scorta mestruale” era in realtà una bustina con dentro qualche grammo di pakistano di cui abusava senza dignità nei magici giorni di Vì. La biondina numero dieci aveva infatti la particolarità di essere assolutamente intrattabile in quei giorni, e dato che la soglia di sopportazione in Teo era ai minimi storici, quando arrivava quel periodo passava più tempo possibile fuori casa e non tornava ficnhè non avesse trovato una giusta dose di sedativo. Si chiudeva in camera, evitando accuratamente ogni incontro con la sua coinquilina posseduta dal ciclo, e si distruggeva di canne fin quando non sveniva esanime sul letto.
Scosso com'era dalla furiosa rabbia Teo non riusciva neanche a muovere le dita, così Vì prese in mano la situazione e nel giro di un minuto scarso rollò una canna talmente perfetta da meritarsi un posto d'onore al MOMA.
“E tu da quando sai far le canne con tanta maestria?” le chiese Ale.
“E tu da quanto mi conosci?”
Silenzio.
Lo lasciarono steso sul letto a fumare, e piano piano i suoi grugniti di rabbia si placarono fino a diventare semplici imprecazioni ben scandite. Dopo una decina di minuti il paziente uscì dalla camera con un sorrisello stampato e l'occhietto un po' arrossato. Fu chiaro che potevano riportarlo fuori senza dover più temere la devastazione totale.
Da Gerri il Lercio Teo riuscì a recuperare, insieme alla ragione, addirittura un po' di autoironia.
“Ma è così insopportabile Sonia? Insomma è una bella ragazza e ieri sembrava anche molto spigliata!” chiese Ale.
“Come posso spiegarti...mmh...ecco: è come una canzone della Pausini.”
“Cioè?”
“Petulante ed orribile?” intervenne decisa Vì.
“Esatto. Pensate che è riuscita a nominare Vasco Rossi, il Feng Shui, Moccia e i sette chakra nello stesso discorso.”
“O cazzo. Ti capisco fratello. Ti capisco.” disse Ale porgendo le porpire nocche all'amico provato.

Interludio

Vì decise in quel momento che Sonia sarebbe dovuta entrare di diritto nella classifica delle migliori tre ragazze della vita di Teo dell'ultimo anno. La biondina tutto pepe aveva infatti appeso un foglio in cucina in cui aveva classificato tali fanciulle, chiamandole con dei nomi fittizzi rappresentanti dello stato d'animo provocato dalla loro presenza, giusto per mantenere l'anonimato. Per far capire il meccanismo basti dire che Vì affibbiò a Sonia il nuovo nome di Fastidio. Fastidio era entrata direttamente in terza posizione, sorpassando Ansia.
Ansia era una ragazza simpatica e carina, collega di studiTeo, ma aveva il limite di possedere solo due espressioni alternative. La prima, quella che serviva ad esprimere preoccupazione, la usava quando incontrava Teo in facoltà, e consisteva nell'esclamare “CiaoTeocomestainontihovistoierialezionechetièsuccesso?”.
L'altra espressione, era riservata agli incontri casuali, sempre con Teo, che il fato le riservava fuori dal contesto scolastico. Questa seconda espressione, usata per esprimere stupore, e decisamente più elaborata, si concretizzava in “Maguardachisivede!Teononavreimaipensatodiincontrareuntipocometeinunpostodelgenere!Chebellochebellochebello!”.
Al secondo posto, stabile da sempre c'era Terrore.
Terrore era un'amica di Teo dall'anno del suo esordio universitario. Quando la conobbe era una ragazza normale, poi si mise con il chitarrista di un gruppo psichedelico dell'underground cittadino e perse completamente la ragione. Terrore aveva smesso di mangiare e di dormire perchè, a detta sua, erano attività che ti sottraevano tempo da vivere. In compenso beveva come una fogna, nel senso che beveva molto e solo cose strane e dall'odore nauseante, e non disprezzava l'assunzione saltuaria di lisergici e oppiacei. Il nome Terrore le era stato appioppato da Vì perchè era talmente magra che dava l'impressione di spirarti tra le braccia ogni volta che ti parlava, che quello che usciva dalla sua bocca non era fiato, ma l'anima che tentava inutilmente di scappare da un corpo totalmente devastato da una mente malata.
Al primo posto, inamovibile e irraggiungibile, c'era Bitume. D'accordo bitume non è certamente uno stato d'animo, ma Vì considerò che non sarebbe mai riuscita a trovare un'altra parola in grado di descrivere meglio quella cosa. Bitume era così grassa che quando si sedeva sul divano le sue gambe scomparivano fino al ginocchio, ma la vera ragione che spinse la cantante biondina a darle quel marchio distintivo andava oltre i suoi problemi di obesità. Bitume era tremendamente appiccicosa con Teo, ogni volta che lo vedeva gli saltava, metaforicamente parlando, addosso. Era anche la ragazza che l'aveva spinta a stilare tale classifica, quindi difficilmente sarebbe stata spodestata dal trono. A Vì il suo coinquilino non volle mai raccontare come conobbe Bitume e lei cominciò a sospettare che tra i due potesse essere successo qualcosa di veramente raccapricciante. Forse una sbronza nel momento sbagliato, un incontro maledetto, un letto rinforzato e migliaia di euro spesi in psicoanalisi...forse, chi sa.
Ultimamente era stato aggiunto un nome sul foglio in cui la creativa calciatrice aveva stilato tale classifica. Scritto sopra il podio, come a significare fuori competizione. Il nome era Dubbio. Quando lo vide Vì chiese curiosa a Teo
“Cosa mi sono persa ieri sera?”
“Niente stupida, sei tu Dubbio.”
“Perchè Dubbio?”
“Perchè non mi spiego per quale ragione io non ti abbia ancora picchiata selvaggiamente.”
“Perchè ne prenderesti di santa ragione.”
Ferito nel profondo da quella risposta, Teo prese una penna, tirò una riga sopra Dubbio e a fianco scrisse Astio.
Astio e Teo, a proposito di nomi, si erano anche presi la briga di rinominare le più significative giornate di Ale. Incancellabili nella mente di Teo rimasero le due giornate in cui Ale smaltì l'influenza sul loro divano: Stand-by e Chiasmo.
La giornata Stand-by iniziò quando Ale si svegliò dal divano del loro appartamento per tornarsene a casa dopo una notte brava, ma si accorse di essere raffreddato e febbricitante. Prese una coperta, si allungò nuovamente sul divano e non si mosse più fino alla mattina successiva. Neanche accese la televisione. Quel pomeriggio, abbastanza preoccupata, Vì gli consigliò almeno di girarsi per evitare la formazione di fastidiose piaghe da decubito sul suo sedere.
Chiasmo fu invece la giornata successiva. Quel giorno Ale, una volta sveglio, rimase sdraiato per alcune ore sempre sul divano della casa non sua, poi si mise seduto. A pranzo si alzò per andare in bagno dopo trenta ore e quando tornò si rimise seduto per un paio d'ore, poi si sdraiò.
Dubbio, invece, di Ale ricordava con maggiore entusiasmo la giornata rinominata Franklin Delano Roosevelt. Fu il giorno in cui Ale finalmente si decise a fare il punto della situazione con Vanessa, di capire che così non poteva andare avanti e di adoperarsi per uscire dalla crisi, di cominciare il suo Nuovo Corso.
“Troppa poesia sprecata, stai parlando di Ale.” Commentò Teo l'uscita di Vì.
“Forse hai ragione, ma resta comunque un fatto molto importante nella sua vita.”
“Non parlate come se io non ci fossi!” si intromise Ale.
“Sta zitto, sono cose che non ti riguardano.” rispose Teo.

STOP

Terminato il giro di birre per calmare Teo, i tre uscirono. Ale se ne andò stranamente di sua volontà verso la sua reggia.
Tornando a casa Teo chiese a Vì come Sonia avesse preso la sua sfuriata.
“Diciamo che andarti a denunciare non sarà la prima cosa che farà domattina. Spero.”
“...vabbè...grazie comunque del tentativo.”
“Devi imparare ad essere un po' più diplomatico. A vederti da fuori sembra che ci provi gusto a distruggerti la vita.”
Fece una pausa.
“Stupido”, aggiunse poi.

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