Ale, Teo, Vì (Concerto - Vivace) // Seconda parte

Preludio

Al suo risveglio Vì era ancora dominata dal suo istinto materno dalla marcata indole protettiva, e si era convinta di aver trovato una soluzione al problema delle sfuriate di Teo.
“Se la tua soluzione comprende un cerchio di gesso disegnato in terra, nel centro del quale dovrei sedermi, luci spente rimpiazzate da candele accese disposte intorno al cerchio di gesso, e incenso nell'aria, bè, sappi che preferisco finire in galera per omicidio.” la ammonì lui.
“Non fare lo scemo. Secondo me ti serve qualcosa che ti permetta di sfogarti. Che ne diresti di venire a correre con me e Daniela al parco? Magari smaltisci un po' di rabbia repressa.”
Teo fu sorpreso.
“Tutto sommato, mi sembra una proposta accettabile.” esclamò Ale uscendo dal bagno.
“E tu qui quando cazzo ci sei arrivato qui?” chiese Teo.
“Sta' calmo. Passavo nei dintorni e ho pensato di venirvi a trovare.”
“Guarda caso all'ora di pranzo! Ti spiego una cosa, se entri in un supermercato qualsiasi, puoi portarti via quelle confezioni colorate contenenti alimenti commestibili barattandole con quelle banconote altrettanto colorate che hai nel portafogli.”
“Tu dici?”
“Certo, scroccone. Quando il capitalismo approda allo stadio dell'opulenza, si risolve in una questione di affinità cromatiche.” Pausa teatrale. “Lo chiamano marketing.”
“In tanti anni che ti conosco non ho ancora capito se sei un genio o se per te è tutto una cazzata.”
“Comunque” si voltò verso Vì “Non è poi così male come proposta”
In quel momento stava pensando al regolare e ipnotico saltellare degli enormi seni di Daniela che corre, quella versione a chilometro zero di Marianne Faithfull dal viso tanto angelico quanto tentatrici le sue tette.
“Quand'è che ci andate la prossima volta?”
“Pensavamo a domani mattina. Sei dei nostri?”
"Mattina? Che intendete per mattina?"
"Non so, ad esempio quel lasso di tempo in cui dovresti essere alla prima lezione della giornata"
"Ma Vì..."
"Oh, poche storie: sì o no?"
"...ok, sì, agli ordini"
“Per una volta sei stato saggio, e così avremo la certezza che il metodo funzioni già da domani sera”
“Vieni anche tu Ale?” chiese Vì.
“Al parco? Certo, prendere un po' di sole non mi farà certo male.”
“Intendeva a correre.”
“A correre bè...no! Vi apetterò comodo sul mio asciugamano.”

Sinfonia (Ale, Daniela, Teo, Vì)

Fu così che la mattina successiva, un Teo scintillante nella sua tenuta da partitella amatoriale di calcetto era pronto a riconciliarsi con lo sport dopo anni passati ad evitarsi a vicenda. Teo e Ale si immaginavano che Daniela si sarebbe presentata in canotta bianca attillatissima e molto, molto scollata, invece dovettero registrare l'ennesimo fallimento delle loro aspettative. Lo sguardo affranto che si lanciarono l'un l'altro all'arrivo della procace atleta fu molto esplicativo in questo senso, La maglia che indossava la ragazza dal seno giunonico era almeno tre taglie più grande e, per loro sfortuna, lasciava tutto, ma proprio tutto, all'immaginazione.
“Ciao Dani, disturbo se mi unisco a voi?” disse sorridendo, anche se come sottotitolo scorreva “E che cazzo, mai una volta che mi vada bene.”
Vì spiegò alla sua amica il tentativo che stava facendo per disintossicare Teo dall'ira funesta che lo tormentava, e lei rispose subito che le sembrò un'ottima idea.
Ale, dal canto suo, le sorrise sornione e le mostrò il telo da mare.
“Via allora, prova a starci dietro finché puoi!” lo provocò Vì iniziando a correre.
“Non ti esaltare, bambina, del banale jogging non basterà certo a sfiancarmi.”
Dopo pochi chilometri Teo era scontatamente paonazzo e sconvolto dalla fatica, si accasciò sulla prima panchina libera in uno stato di pre-morte, portando a conoscenza delle due sportive, con uno sforzo notevole, che le avrebbe aspettate lì finché anche loro non si fossero stancate.
“Fa' un po' di stretching, altrimenti stasera non riuscirai a muovere le gambe.”
Teo riuscì solo ad alzare il pollice come risposta e non appena le due atlete si furono allontanate un attimo, si abbandonò sul prato nella canonica posa del quattro di spade. Poi, quando il cuore ritornò sotto i duecento battiti al minuto, si alzò per andare a raggiungere Ale qualche centinaio di metri più in la. Mentre stava per raggiungerlo, Teo vide il buon vecchio usurpatore di affitti intento a chiacchierare amabilmente con delle morette sedute accanto a lui.
“Ho visto zombie camminare in modo molto più disinvolto del tuo.” gli fece notare Ale quando lo vide avvicinarsi.
“Non puoi capire quanto sia lacerante e profondo il dolore che provo in questo momento.”
“Vogliamo parlare della maglietta di Daniela?”
“No grazie, sto già soffrendo abbastanza.”
“Ti presento Silvia, Sara e Maria, stanno studiando per l'esame di stato.”
“Ciao, Silvia Sara e Maria. Che state studiando?”
“Ciao! Mah, un po' di tutto. Ale ci stava giusto spiegando degli attentati di Bologna, Genova e di Aldo Moro.” disse una di loro, Sara forse.
"Guccini, De Andrè e Gaber" pensò Teo. Dovette ammettere che Ale era in grado di cavarsela in qualsiasi situazione.
“Già, il dottore qui presente e io siamo ricercatori del dipartimento di storia contemporanea. Ci stiamo giusto occupando in questi mesi degli ultimi studi pubblicati al riguardo.” se ne uscì brillantemente Teo senza avere una minima idea di quello che stesse dicendo.
Ma è risaputo che per rendere credibile un'enorme bugia bisogna portarla all'estremo, quindi continuò: “Che ne dite di proseguire questa chiacchierata stasera al Katakali, lo conoscete? E' un bel posto!”
“Ne abbiamo sentito parlare” rispose titubante Maria, forse, “Non è quel posto pieno di schizzati dove ogni sera finiscono in rissa?”
“No no no” rispose un Teo colto in castagna “Vi state sbagliando. E' un posto carino. Unico oserei dire!”
“Occhei allora, ci vediamo lì stasera.”
Silvia Sara e Maria se ne andarono.
“Ale che cazzo raccontiamo loro stasera? Non sappiamo niente di queste cose. Anzi, tu non sai niente di niente.”
“Ehi, abbassa i toni. Io sono uno dei massimi esperti di contratti di locazione, di affitto e dei tipi di clausole annesse. E poi non ci metteremo certo a parlare di anarchici e brigate rosse o nere di Sabato sera in un posto come il Katakali! Piuttosto, va' a sparare a Vì e Daniela, altrimenti stasera siamo ancora qua ad aspettare che si stanchino di correre.”
La sera stessa, entrando al Katatkali, i due furono sorpresi di trovare Silvia Sara e Maria ad aspettarli al bancone. Avevano l'aria spaesata e spaventata di chi si ritrova di colpo scaraventato nella rivisitazione nazi-punk dei gironi dell'inferno dantesco senza sapere il perchè, e certamente tutti i coloriti clienti del locale che le avevano circondate, increduli di vedere carne così fresca entrare in un postaccio del genere, non le aiutavano ad entrare in sintonia con l'ambiente.
I due si avvicinarono e le salutarono, Vì capì subito quello che stava succedendo.
“O schifosi, siete almeno sicuri che siano maggiorenni?”
“Ehi, sono delle esaminande, avranno sicuramente quasi diciannove anni a testa.” le rispose Ale deciso.
“Bah, se lo dite voi! Resta comunque il fatto che buttarsi sulle liceali è il punto più basso che abbiate raggiunto da quando vi conosco.”
Ripresero il discorso dove interrotto al parco ricominciando a parlare di storia, ma solo per poco per evidente mancanza di argomento. Cominciarono quindi a bullarsi di quanto fosse bello fare gli assistenti all'università, delle bestialità che sentivano dire alle esaminande durante le loro interrogazioni, dei loro seminari a cui nessuno partecipava. Passarono poi a descrivere agi e vantaggi della vita universitaria: vivere da soli, nessuno che ti dica a che ora rientrare o che ti interroghi su dove andrai a passare la serata, niente genitori che ti intimano di abbassare la musica e di non indossare quegli stracci di vestiti. Vì assisteva disgustata, poi decise di raggiungere Daniela alla sala dei biliardi.
I due usurpatori della storia reggevano botta alle domande delle tre liceali con fare sicuro e senza dimostrare segni di cedimento. Tutto scorreva regolare dunque, ma il destino è beffardo e si sa, e i due improvvisati assistenti di storia contemporanea non avrebbero certo immaginato che i tre sbarbatelli che stavano appena entrando avrebbero interferito sul loro piano.
“A casa a studiare, eh! Brutta troia.” esordì simpaticamente uno di loro, riferendosi a Sara, forse.
“E 'sti due deficienti chi cazzo sono?” chiese disinteressatamente, a titolo puramente informativo, un altro ragazzino.
“Non pensate male, sono solo amici, ci stanno aiutando a studiare storia. Sono due ricercatori dell'università.” disse Maria, forse.
Nel sentire pronunciare questa scusa ridicola, Ale si buttò la mano contro la fronte. Teo stava sproloquiando fra sè e sè vista la situazione in cui si era cacciato e visto che, se avesse anche solo provato a difendersi da eventuali attacchi, Vì lo avrebbe preso per le orecchie e portato in un centro di terapia. Decise di prendere in mano la situazione.
“Calmi calmi, ci siamo incontrati qui per puro caso...non abbiamo nessuna cattiva intenzione...guardate, adesso ce ne andiamo e vi lasciamo divertire tra di voi.”
Avrebbe potuto fare di meglio, il geniale Teo.
“Adesso ve ne andate un cazzo, brutti bastardi. Prima facciamo i conti. Se credete di avere a che fare con tre stupidi ragazzini, vi sbagliate di grosso.” proclamò uno dei ragazzini.
Ale nel sentire queste parole tirò un sospiro di sollievo, a questo punto c'erano buone probabilità che i tre fossero addirittura maggiorenni, e che quindi un eventuale scazzottata non avrebbe avuto risvolti penali.
“Che cazzo volevate fare con le nostre ragazze eh? Tutti così voi universitari, sempre pronti ad infilare il cazzo in qualsiasi buco che cammini. Ma questa volta vi è andata male, avete puntato le ragazze sbagliate. Queste sono proprietà privata.”
“Fai il magnaccia?” rispose allora Teo, che si era stancato di essere insultato da un ragazzino esaltato con la maglia di Calvin Klein che le poche ore di palestra non erano riuscite a riempire. Continuò “Ti ho già detto che non stiamo qui per infilare niente dentro nessuna. Adesso ce ne andiamo.”
“Voi adesso non vi muovete chè facciamo i conti.” ritornò a sottolineare il concetto un altro di loro.
“Senti, stronzetto” fu allora chiaro che la corsetta pomeridiana non aveva neanche minimamente intaccato le mura del castello di rabbia repressa di Teo “Usciamo in questo locale da più o meno due anni, ci conoscono tutti, buttafuori compresi, e se mi metti le mani addosso non sarò certo io ad essere malmenato da uno di loro e sbattuto fuori senza più gli incisivi. Datti una calmata. Adesso te e i tuoi amichetti belli induriti vi riprendete le vostre ragazze e ve ne andate affanculo.”
Un eccellente esempio di self-control.
“Credi di spaventarmi, brutto pezzo di merda? Credi che le tue minacce mi spaventino? A me non frega un cazzo di dove siamo, non ve la passerete certo liscia 'sto giro.”
“Bla bla bla” gli rispose Teo appoggiando la sua fronte su quella del malcapitato ragazzino “Se credi che qualche oretta a settimana di palestra possa bastarti a spaventare la gente ti sbagli di grosso. Adesso prendi la tua ragazza, salti sul tuo motorino con i tuoi amici, te ne torni a casa tua e te la smetti di fare l'eroe"
In quel momento per fortuna arrivò Vì che, conoscendo bene i suoi polli irrequieti, era tornata per vedere appunto in che guaio si stessero cacciando questa volta. Alla visione degli occhi terrorizzati delle tre ragazze al bancone e del ringhio di Teo che stava per fagocitare l'ignaro liceale, decise subito di intervenire in qualche modo. Purtroppo, prima che potesse proferire parola, il capobranco rifilò una potente testata al naso di Teo, che, inaspettatamente, non reagì, Mentre gli altri due maschietti beta si allontanarono da Ale per accerchiare Teo, Vì si buttò in mezzo e cominciò ad urlare “CALMI CALMI CALMI. Sono la sua ragazza, posso spiegarvi tutto. Sono insieme alla SUA, di ragazza”, disse indicando Ale. Continuò sperando di portare un po' di calma: “Quando siamo arrivati le vostre amichette erano già qua, le hanno salutate e si sono messi a parlare di storia. Non vi dovete preoccupare.”
“Va a prendere per culo qualcun altro, troia.” disse il capobranco, che forse non aveva gradito il vezzeggiativo usato da Vì. Quello che successe fu che il ragazzo impettito le diede uno schiaffo talmente forte che la fece cadere a terra.
Gli occhi di Teo si iniettarono di sangue nel vedere Vì scaraventata a terra, e veloce come un lampo aveva già steso il capobranco e si era avventato contro i denti e gli organi genitali dei poveri maschietti beta, così indifesi ora che erano rimasti senza il loro timoniere.
Quando i buttafuori, che stavano tenendo d'occhio la situazione già da un po', intervennero per difendere la stella del Giovedì sera, Teo aveva già finito con i due malcapitati che ora erano doloranti a terra a tenersi i testicoli con le mani. Vennero portati fuori tutti e cinque: i tre evirati, Teo e Ale.
“Come stai Vì?” le chiese Ale.
“Bene” rispose decisamente arrabbiata “Solo un livido.”
“Scusaci, non volevamo che ci finissi di mezzo tu.”
“Ogni volta che penso di avervi visto fare tutte le cose più stupide del mondo, riuscite a lasciarmi senza parole. Siete una bella coppia di imbecilli.”
“Hai rag...”
“Sta zitto per favore.” lo interruppe seccata.
Arrivò di corsa anche Daniela preceduta dalle sue enormi tette.
“Che sta succedendo?”
“Niente niente, tutto finito.” la tranquillizzò Vì.
“Ma cosa hai in faccia?”
“Niente, non preoccuparti. Uno stupido ragazzino, domani mi passerà.”
Si girò verso Ale con uno sguardo feroce e gli intimò
“Adesso mi racconti tutto per filo e per segno.”
Nel momento in cui si voltò per vedere i liceali andarsene spingendo i loro motorini truccati, Sara-Mara-Maria urlavano che questa sarebbe stata la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso, Vì si accorse che Teo era appoggiato al muro in disparte. Stava tremando dalla rabbia.
“Teo...”
“Come stai?”
“E' solo un livido, domani mi passerà”
“Non parlo solo di quello”
“Sono abbastanza incazzata con voi, effettivamente, vi siete comportati come due idioti. Ma tu calmati, sembri un tossico in crisi d'astinenza”
“Non dire niente, mi sento un verme. Ho provato a trattenermi, a non reagire, davvero mi ci ero impegnato, ma quando ho visto che ti ha colpita non ho capito più niente. Sono andato in tilt. Non volevo coinvolgerti in nessun modo. Non voglio che ti succeda mai più una cosa del genere.”
La strinse forte fra le braccia e le accarezzò i capelli. Vì rimase stupita, era abituata a vedere Teo non prendere mai niente sul serio. Era sempre stato uno di quelli che fra Beatles e Rolling Stones sceglieva il dissacrante Frank Zappa, ma con Sympathy For The Devil nel cuore. Ma questa volta non era ironico, i suoi denti non erano scoperti a causa di un sorriso. Era veramente arrabbiato con se stesso.
“Ora torna dentro, non voglio rovinarti ulteriormente la serata. Lasciami perdere, ho bisogno di stare un po' da solo.”
Mentre Ale era intento a descrivere la situazione a Daniela senza apparire troppo colpevole, i buttafuori rassicurarono Teo sul fatto di non averlo visto attaccare per primo e che solo per difendere Vì fosse ricorso alla violenza, da solo contro tre.
Lui li ringraziò, conosceva quei ragazzi che lavoravano al locale da un anno, uno lo incontrava ogni tanto anche in facoltà. Erano delle brave persone, certo ricorrevano spesso alle mani, ma in fondo li pagavano per questo, era solo il loro lavoro. Gli dissero anche che se voleva poteva rientrare, lui li ringraziò e continuò a stare appoggiato al muro.
Dopo qualche ora Vì, Daniela e Ale uscirono dal locale. La serata, dopo l'incidente, aveva ricominciato a scorrere tranquilla tra qualche birra e qualche caloria bruciata in pista da ballo. Quando uscirono trovarono Teo nello stesso punto in cui lo avevano lasciato rientrando nel locale. Vì lo guardò e gli fece notare che loro stavano tornando a casa, lui fece un cenno con la testa e li salutò. Rimase immobile.
La mattina dopo, quando Vì si svegliò, trovo Teo sul divano. La televisione era spenta e lui stava fissando l'intonaco del muro, lo salutò e gli chiese come stesse, ma lui non rispose. Non lo aveva neanche sentito rientrare durante la notte, quindi probabilmente era tornato tardissimo e non aveva chiuso occhio neanche per un minuto.

Interludio

“Ale ti ho svegliato?”
“Si Vì...ma ormai è fatta, dimmi tutto.”
“Teo è sul divano immobile, non parla e non si muove. Non so a che ora sia rientrato"
"E tu sembri molto preoccupata"
"Ale, ma mi stai ascoltando? Certo che sono preoccupata!"
Fece un sospiro lungo, sembrava pensare.
“Tranquilla, Vì, sta solo cercando di perdonarsi. Dagli qualche ora, al massimo qualche giorno, e vedrai che tornerà l'idiota di sempre.”
“Ma non c'è un qualche modo per, diciamo così, accelerare il processo?”
"Ci sarebbe, ma..."
"Ma?"
"Teo ti ha mai parlato della Scorta Mestruale?"

Ballata (Teo, Vì - Allegro)

Qualche giorno più tardi Vì tornò a casa per pranzo e vide Teo ai fornelli col sorriso che gli era proprio.
“Finalmente t'è passata!”
“Sì, finalmente sì.”
Lei gli saltò addosso.
“Sei ancora dei nostri dunque?”
“E certo, cosa fareste senza di me!....ma perchè sei così appiccicosa oggi?”
“Così." Spallucce "Sono contenta.” Poi il suo sguardo diventò serio “ Grazie per quello che hai fatto per me. Mi hai fatta sentire importante.”
“Ah, è questo quindi! Pensi che io l'abbia fatto per te? Per difenderti? Non ti starai sopravvalutando troppo? Ho solo protetto il mio affitto, non voglio neanche pensare a pagarlo tutto da solo.”
“Certo certo, parla pure.”
“Pensi di lasciarmi andare prima o poi?”
Fu contenta nel sentirgli dire queste parole. Le parole che avrebbe pronunciato il Teo dei giorni qualunque.
“Non lo so, ci penserò. Per adesso sto bene così.”
“Ah, che bello...esiste qualcosa che io possa dire o fare per riavere indietro l'uso del mio corpo?”
“Al momento no, mi dispiace.”
“Che fastidio...dài Vì, su, so che ce la puoi fare...”
Il sorriso di Vì era quello di chi, dopo tanto cercare, si sentiva finalmente a casa. Teo sapeva di quanto avesse avuto di che penarsi durante la sua vita, ed era consapevole che era merito del suo modo di fare scientificamente scanzonato se ora lei si sentiva finalmente felice. Era orgoglioso di se stesso in quel momento.
“Non fare l'orso come sempre. Sta zitto un momento.”
“Ma non riesco neanche a cucinare! Se Lucio mi avesse detto che eri così affettuosa non ti avrei mai presa a vivere qua....sto per piantarti una coltellata nella schiena.”
"Non ne avresti il coraggio."
"Sicura? Ti ricordo che me ne vengo da una rissa appena qualche giorno fa!"
"Bene bene, ho capito." Lo lasciò: "Ecco, contento?"
Teo sparì subito in camera lasciandole precise istruzioni: “Butta i funghi nel soffritto fra qualche minuto, aggiungi una spruzzata di vino bianco a intervalli regolari e gira lentamente. A fuoco lento, mi raccomando. Poi, una volta che si sarà assorbito il vino aggiungi un cucchiaio di passata, copri il tutto e aspetta. Chiamami quando avrai finito di aspettare. A dopo”
Sparì in camera sua.
“Occhèi, suor Germana.”
La testa di Teo riapparve dalla camera avvolta in una canottiera bianca, più simile ad un burqa che ad un velo da suora in realtà. La differenza fra diverse concezioni della vita, anche fra religioni quindi, per quanto lontane tra loro possano apparire, risiede nei dettagli, e questo Teo lo aveva capito bene. Naturalmente Vì, che conosceva perfettamente il suo geniale coinquilino, colse la feroce critica a chi ritiene migliore degli altri il proprio sistema.
Era ufficialmente tornato il Teo di sempre.
Oddio, non che fosse necessariamente una cosa positiva.

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