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il bucato da aspettare, il blog da rassettare

A fine 2007 ho aperto questo spazio virtuale perchè volevo convincermi di essere l'unico dottore in Economia che non sarebbe finito a lavorare in banca e perchè vivevo a Perugia, circondato da studenti e aspirazioni.
Ovviamente di questo non mi rendevo conto, pensavo solo di essere molto fico perchè avevo da qualche mese il mio primo pc.
A metà 2011 rimetto seriamente le mani qua dentro, spingendomi per la prima volta oltre la modifica del tema di fondo.
Nel frattempo sono diventato di nuovo dottore, lavoro in banca (anche se il contratto scade fra 4 settimane), ho perso molti capelli e vivo vicino Treviso.
Ho imparato a scrivere, però! E quando sono in stato di grazia si capisce addirittura quello che voglio dire.
Non è stato inutile, quindi.

Ci tengo a precisare che lavorare in banca e vivere a Treviso non c'entrano nulla con l'aver imparato a scrivere.
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Sostanza, poesia e memoria. Tre sottotitoli per quattro scelte.


Ce n'è di sostanza in questo referendum.
Innanzitutto trattava di temi con dirette ripercussioni sulla nostra vita quotidiana, senza troppe implicazioni partitiche (tranne, forse, il quesito sul legittimo impedimento) o letture politiche da tenere in considerazione. Certo i dibattiti sono stati lunghi, le campagne numerose e gli appelli accorati, ma ciò non toglie che il voto è stato viscerale più che ragionato.
Inoltre, se è vero che la Seconda Repubblica ha coinciso fino ad oggi quasi perfettamente con il periodo berlusconiano, si potrebbe anche pensare che la tornata elettorale appena conclusa sia un messaggio chiaro per decretarne la fine, anche di più delle ultime comunali e provinciali.

Intatta è la poesia anarchica. Il sogno eretico di essere un ribelle senza compromessi: bello e impossibile. Un sogno quotidianamente minacciato dalla mia estrazione borghese, dal mio lavoro e dal mio salario, entrambi borghesissimi; una poesia imprigionata da una prosa troppo scadente.
Ho imbracciato il fucile questa volta, sì, ma il generale invitava a disertare la battaglia. E va aggiunto poi che il voto referendario implica interferenza e non certo delega.

La memoria, infine, va preservata. Così come questo certificato elettorale mi è stato recapitato tre giorni fa, vorrei che un altro ancora, da usare per le prossime volte, mi venisse consegnato fra tre giorni.
Vorrei lasciare questo così, con un colpo e un centro.
Lo incornicierei e appenderei al centro di una parete bianca, orribile da vedere ma bellissimo da guardare, anche se comincerebbe a trasmettermi malinconia fra qualche anno.
Lo terrei là come il ricordo di quell'unica volta in cui non sono stato sconfitto (tanti timbri e mai una gioia sul vecchio), una vittoria senza Pirro. Un feticcio, un talismano contro il mio cinismo da campagna elettorale, la prima di una lunga serie di soddisfazioni che non potrà mai esserci.