Concerto (Ale, Teo, Vì - Allegro)// Prima parte

Parcheggiarono la macchina proprio davanti all'entrata del locale. Chiunque avrebbe potuto girare intorno a quel piccolo spiazzo per ore senza trovare neanche l'ombra di un posto, ma non Ale che aveva un'interpretazione tutta sua del concetto di marciapiede. Aveva anche uno stile unico nell'imbucarsi alle feste, non solo riusciva a presentarsi e ad amalgamarsi con la folla senza tradire il minimo senso di disagio per non essere stato invitato, ma riusciva anche a diventare parte integrante dellevento senza destare alcun sospetto. Fu così che si accollò la responsabilità di guidare la macchina del ragazzo di Daniela fino al Cleb, la discoteca alternativa più famosa e economicamente abbordabile della zona, dove l'amica del cuore di Vì aveva deciso di tenere la sua festa per la conquista della Laura Triennale. Dagli sportelli della macchina uscirono, pronti a tuffarsi nel gelido freddo delle notti limpide di Febbraio, e accompagnati da una delle tante canzoni smielate finto rock dei Negramaro, un Ale in grande stile, una versione insolitamente fashion di Vì con tanto di stivale e tacco e, per ultime, le due figure tumefatte di Teo e del proprietario del veicolo.
Il problema di Teo quando era ubriaco è che si sentiva al di là del bene e del male. Avrebbe potuto incendiare un orfanotrofio o sventare una rapina in banca con la stessa disinvoltura. Le serate che comprendevano un Teo oltremodo ubriaco prendevano sempre delle svolte inaspettate. Giusto il tempo di riunire il gruppo all'entrata e di controllare i nomi sulla lista e lui era già appoggiato al bancone con in mano le sue consumazioni gratuite.
Aveva deciso fin dalla cena che quella sarebbe stata la sera dei Coca e Rum.
Il problema di Vì quando era ubriaca era la dislessia. Era veramente bellissima in quella sua maglietta lunga e verde e jeans attillati che finivano negli stivali. Il suo fascino era da attribuire anche alla sua sobrietà nell'abbigliarsi, merce rara di questi tempi: niente tette al vento, niente cavallo basso a scoprire il perizoma e niente trucco da baldracca autoprodotta.
Tuttavia la sua dislessia fungeva da deterrente ai rapporti sociali, una vera minaccia ai tentativi di far decollare una discussione con il ragazzo di turno che le si presentava davanti. Al momento a lei questo non importava, quella sera voleva solo divertirsi e non pensare a niente, di conseguenza si incollò al suo sbronzo coinquilino, che in quello stato si trasformava in una enciclopedia del delirio vivente. Bisognava considerare poi che Ale, come da copione, era già scomparso nella ressa.
Per Ale la primavera arrivava con la sbornia e non importava se il calendario dicesse Natale o Ferragosto, l'ormone gli si risvegliava in maniera prepotente e si manifestava nei modi più inaspettati. Quella sera, ad esempio, seminò tutti e si immerse nella confusione della pista da ballo. A peggiorare le cose per il povero imbucato era il mancato invito di Vanessa alla festa. Se la sua eterna fiamma fosse stata presente, Ale avrebbe avuto occhi e attenzioni solo per lei. Ma non era così, quindi se ne andava girando famelico come una miniatura di Pantagruele.
Sala rock/metal, niente; sala reggae/dancehall, niente; sala elettronica/drum'n bass, niente. Rimaneva solo la sala house che aveva lasciato per ultima perchè avrebbe voluto evitarla, se fosse stato possibile. Tirò un lungo sospiro e si tuffò nell'atmosfera tunzettara della sala.
“Ale? E' già scomparso?” chiese Teo a Vì
“Puoi scommetterci”
“Chi sta cercando questa volta?”
“A cena blaterava qualcosa su Natalie Portman.”
“Porca puttana” disse sorridendo “Quel ragazzo non vuole imparare a volare basso. Andrà incontro a molte delusioni stasera. Un Coca e Rum che torna a casa a mani vuote”
“Un Coca e Rum che non tornerà a casa da solo.”
“Ma dài...sempre ammesso che riesca a trovare una stella hollywoodiana nel locale più fuori moda della città, sul più bello riuscirà sicuramente a mandare tutto all'aria. Probabilmente immaginerà la faccia di Vanessa e si tirerà indietro."
“Sì, potrebbe anche essere, ma io faccio il tifo per lui.”
Raggiunsero gli altri nella sala reggae/dancehall. Inutile dire che Teo resistette tre minuti scarsi, giusto il tempo di schiantarsi in gola il suo whisky di benvenuto, appoggiare il bicchiere di plastica al tavolo e fregarsi la bevuta del ragazzo di Daniela che era indegnamente svenuto sul divano.
“'Sto pivello rovina il buon nome dei bevitori”, considerò con una punta di disprezzo passandogli al fianco, ”Faceva tanto il figo coi Rum e Pera a cena e adesso eccolo qua, dilettante.”
La sala reggae/dancehall era la preferita di Vì. Non certo per la musica, piuttosto per una questione di praticabilità, Là poteva ballare senza essere immediatamente circondata da maschietti allupati. Aveva provato, con Daniela e le altre, ad andarsi a sentire un po' di rock o elettronica, ma non era proprio aria. Passando per il corridoio poi, alla percezione di un pezzo violentissimo dei Tool, le venne voglia di tornare a casa, distruggere tacchi e jeans attillato, infilarsi un sacco di caffé e andare a scapellare sotto la cassa. Ma niente, e poi era la festa di Daniela che, non essendo ancora riuscita a piazzarla al mercato del pesce, le aveva imposto di essere una gran gnocca.
Le ore scorrevano via veloci, i Coca e Rum cominciavano a fare il loro porco lavoro e la dislessia per Vì era ormai un dato di fatto. Solo cominciava a sentirsi annoiata dal ritmo in levare della musica sempre uguale, non riusciva a capire nemmeno quando finisse una canzone e quando ne iniziasse un'altra. Inoltre lo stato troppo ridanciano in cui erano cadute le amiche di Daniela cominciava a darle sui nervi. Nulla di personale contro di loro, anzi, quando la incontravano, la trattavano sempre con affetto sincero, anche se Daniela non era presente. Solo le mancavano il ricercato cinismo e le battute al vetriolo di Teo e le immonde figure di merda di Ale.
Decise così di andare a cercarli. Cercò di immaginarsi per un secondo dove potesse essere finito un Teo senza più coscienza del proprio destino. Ale potrebbe essere stato ovunque e in nessun posto in particolare, inutile cercarlo dunque. Si diresse verso la sala elettronica/drum'n bass, cercò un attimo e già che c'era cominciò a ballare e affanculo a chi le palpava il culo, poteva sopportare finché fossero dei tocchi delicati. Quel ritmo martellante poteva reggerlo dieci minuti al massimo, ma era una vera liberazione dal festaiolo levare del reggae.
Essere una ragazza in discoteca aveva grossi svantaggi, ma se c'era una cosa che aveva capito era che la security non sbatterebbe mai fuori una ragazza per aver picchiato un ragazzo. Anzi, nel caso, pensava Vì, il buttafuori avrebbe dovuto pestare ulteriormente il malcapitato per l'offesa arrecata alla virilità del sesso dominante.
Continuando la sua ricerca, Vì stava anche per commettere l'imperdonabile errore di entrare nel bagno dei maschi, immersa com'era nei suoi pensieri, ma per fortuna tornò in sè appena in tempo per cambiare direzione.
Non sapeva più dove cercare, e di tornare dalle altre non aveva voglia.
Poi ebbe l'illuminazione.
In un secondo capì che non aveva controllato nel posto più scontato. Si diresse verso l'uscita, si fece timbrare il dorso della mano e, non appena messo uno stivale fuori dalla porta, sentì la mano di Ale che la prese sottobraccio e se la portò affianco.
Lo guardò, aveva un taglio sotto lo zigomo destro.
“Che suscede?” chiese lei.
“Guarda.”
Mise a fuoco, alzò lo sguardo e vide Teo, diciamo così, discutere animatamente con uno dei buttafuori.
“Quello è il Trucido. Il buttafuori ritardato della città. Ogni mese deve cambiare locale perchè in quelli dove lavora prima ne combina sempre qualcuna di troppo grossa. ”
Ogni volta che il Trucido cercava di mettere le mani addosso a Teo, lui lo evitava con un tempo di rezione talmente breve da essere al limite della premonizione. Non gli si allontanava però, continuava a girargli intorno come un esordiente Cassius Clay.
Questo aspetto di Teo non se lo sarebbe mai immaginato. Va bene che fosse sicuramente classificabile come un ragazzo alto, dal fisico asciutto e atletico, nonostante non fosse quello che si direbbe uno sportivo, ma che riuscisse a tenere testa a un colosso di Rodi, seppur ritardato, non se lo sarebbe mai aspettata.
“Osserva bene” disse Ale “il Trucido è un rottweiler, è imponente, gargantuo, si esalta quando sente il profumo del sangue, è stato costruito per combattere. Ma Teo è un lupo, un fascio di nervi tesi, agile, indomabile, la lotta è nel suo dna e vincere è il solo risultato utile che ha per continuare a vivere.”
Vì non poteva credere che parole tanto belle e intelligenti fossero usciti dalla bocca di Ale.
In effetti la sensazione che si aveva guardando quella scena è che il Trucido avrebbe potuto spezzare una braccio a Teo senza neanche rendersene conto, ma non lo faceva mai.
“Mi disci cosa casso è suscesso a Teo e a la tua fascia?”
“...bè, diciamo che ho cercato di infilare la lingua nella bocca della ragazza sbagliata. Ero ad un passo dal farmi una meritata pomiciata liberatoria quando mi arriva un missile in faccia, mi sento preso per un braccio e mi trovo sbattuto fuori. Cerco di rientrare, urlo, sbraito e busso a tutte le porte. Una si apre proprio mentre stavo per bussare, mi preparo a fiondarmi dentro, ma mi piomba addosso Teo.”
“Ma scìai pomisciato poi connla tipa?”
“Che t'importa?”
“Eddimmelo.”
“No.”
“Casso Ale, mma tivuoi impennìare un po'?” cercò di sbraitare lei, ricordandosi della scommessa fatta con Teo.
Accorsero altri buttafuori. Ale corse verso Teo, lo prese per un braccio e lo portò via sottraendolo ad un massacro preannunciato. Vì si mosse con calma, aveva i riflessi un po' rallentati dall'alcol e difficoltà evidenti a reggersi sui tacchi. Cominciò goffamente a correre dietro ai due fuggitivi.
Di come fossero arrivati a casa e del perchè Ale stesse dormendo sul loro divano Teo non ne aveva idea. Di come si fossero svolti gli eventi dopo il suo quarto, o forse quinto, brindisi con il dj della sala rock/metal nemmeno. Riempì la sua fedele bottiglia d'acqua e ritornò a letto.
Aprì gli occhi due ore e un litro d'acqua dopo. La situazione era sicuramente più nitida. Ale e Vì stavano chiacchierando allegramente sul divano. Si alzò. Li raggiunse.
“Buongiorn....ma che cazzo hai fatto?” chiese ad Ale notando il suo zigomo in decomposizione.
“Secondo te?”
“Secondo me qualcuna in questa stanza mi deve una bevuta!”
“...voi avete scommesso sul mio due di picche?”
“Se ti può consolare io tifavo per te, ma mi hai deluso, mio caro” disse Vì.
“Adesso ce la fai a parlare eh, maledetta?”
“Mi sei costato una bevuta, stronzone. E io che confidavo in te. Comunque il migliore ieri sera è stato Teo in versione Tyler Durden.”
Alla sentenza di Vì seguì lo sguardo sbigottito dello stesso Teo. Disse loro di non ricordarsi nulla. Le ore successive furono spese prima dai tre nel raccontarsi a vicenda le loro rispettive serate, poi da Ale e Vì ad integrare i vaghi e confusi ricordi di Teo.
Smaltito il pranzo erano tutti di nuovo in pista pronti per uscire ed andare a consegnare il regalo di laurea a Daniela. Contro ogni aspettativa erano riusciti ad organizzarsi per tempo e a comprare e impacchettare il regalo e, addirittura, ad accompagnarlo ad un bigliettino con tanto di dedica, solo che poi, come nel più tragicomico dei finali, arrivati al momento della consegna dei doni alla neo dottoressa, si accorsero di averlo dimenticato a casa. Si sa che chi non ha buona testa ha buone gambe, così si incamminarono verso casa della festeggiata per rimediare all'errore. Naturalmente, visto che Ale all'ultimo minuto aveva deciso di autoinvitarsi, dovettero aggiungere anche il suo nome sul bigliettino di congratulazioni.
Scesero le scale in fretta perchè la coppia bella ma litigarella del primo piano e l'avvocato praticante erano sempre in agguato.
Una volta in strada raggiunsero l'edicola davanti la fermata per comprare il biglietto.
“Scusate...è che avrei finito i soldi ieri sera...gli altri li ho a casa...non è che potreste....”
“Ale è Domenica, neanche se lo chiami a casa, il controllore, verrebbe mai a farti la multa!” Gli fece notare Teo.
“Fa' finta che io li abbia scalati dai soldi della bevuta che devo al tuo amichetto per colpa tua..” rispose sarcastica Vì.
Naturalmente, alla seconda fermata dalla partenza, il controllore salì sul pulman. Per fortuna Ale se ne accorse in tempo e riuscì ad uscire prima che il guardiano dei biglietti avesse l'occasione di accorgersi della sua presenza.
“Scendiamo anche noi?” chiese Vì.
“Neanche per sogno.” rispose Teo “Ale ci vediamo a casa di Daniela. Vedi di sbrigarti.”
“Ma io non so nemmendo dove sia!”
Le porte si chiusero e il pulman ripartì.
“Neanche se lo chiami a casa ti viene a fare la multa!” borbottò Ale scimmiottando l'amico mentre le porte del mezzo gli si chiudevano in faccia
Si incamminò lungo la strada imboccata dal pulman. Dopo due minuti lo perse di vista e non seppe più dove andare.
A bordo squillò un cellulare:
“Teo?”
“Sì.”
“Non è che per caso potresti gentilmente dirmi DOVE CAZZO ABITA DANIELA?”
“Certo, non capisco perchè ti arrabbi tanto...hai presente Via delle Lavandaie?”
“Assolutamente no.”
“Mmh...e quel bar fighetto con arredamento ultra moderno dove gli aperitivi costano cinque euro, non contengono alcol e non ti danno neanche da mangiare?”
“Bar Asturia?”
“Esatto, ci incontriamo là sotto.”
La faceva facile il motorizzato Teo, pensò Ale, saranno stati almeno tre chilometri di asfalto battuto dalla pioggia. Dopo quaranta minuti, infatti, un Ale stoico si presentò alla coppia di viaggiatori in pulman, chiedendo loro se potevano concedergli un secondo per andare al bagno, giusto per provare ad asciugarsi un po'.
“Provaci pure, ma ricorda che qui non sei dal tuo affezionato barista santone.” rispose il Teo più intollerante ad ogni forma di filosofia orientale.
“Bè, così non posso presentarmi di certo.”
Asciugarsi i capelli costò ad Ale un caffé, il che non sarebbe stato malaccio se non fosse costato un euro e sessanta. Neanche la bellissima tazza di vetro che lo conteneva e il dolcissimo strato di schiuma che lo ricopriva riuscivano a giustificare un prezzo così esorbitante.
“Cioè UN EURO E SESSANTA per un caffé!” si lamentò uscendo dal bar.
“E per la dozzina di buste di zucchero che ti sei fregato” gli fece notare Teo.
“Mezza dozzina, per la precisione”
"Niente carta ignienica stavolta?"
"Ma vaffanculo".

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