Concerto (Ale, Teo, Vì - Allegro)// Seconda parte

Minuetto (Ale, Teo, Vì - Allegro)

Suonarono al campanello di Daniela ed entrarono. Lei era al telefono col suo ragazzo, li fece entrare e li pregò di accomodarsi dicendo loro che sarebbe arrivata subito, poi si chiuse in camera per continuare la conversazione. Andarono in cucina e si sedettero vicino ad una delle sue coinquiline che stava affogando nei libri.
Lei saluto Vì. E solo Vì.
Vista l'incredibile vitalità che trasudava dalla coinquilina di Daniela, i tre decisero di andare ad aspettarla in salotto, dove il gatto della ragazza affogata nei libri aspettava sornione Ale, che non appena aprì la porta cominciò a starnutire senza sosta.
“Emergenza felina. Togliete quel cazzo di gatto di torno.”
Teo non poteva certo rimanere indifferente al grido d'aiuto lanciato dal suo amico. Entrò in salone guardando il micio con aria di sfida. L'animale a malapena si curò del suo ingresso da gladiatore. Erano l'uno davanti l'altro, si guardavano negli occhi come per studiare a vicenda le possibili mosse dell'avversario. Teo alzò le mani al cielo come per incitare e ricevere energia dalle urla di un pubblico immaginario.
“Te guarda che razza di scena che deve mettere in piedi quell'imbecille per prendere un gatto mezzo addormentato.” esclamò Vì.
“Ad ogni modo digli di sbrigarsi.” disse Ale cercando di non soffocare tra gli starnuti.
Il felino, intanto, che aveva fiutato la carica di tensione che si era andata creando nell'aria, si era alzato in piedi e aveva cominciato a dondolare la coda per confondere gli occhi attenti dell'umano. Teo si lanciò sul divano con le braccia protese in avanti, ma quando impattò il soffice oggetto il gatto era in piedi sulla sua testa. Si girò repentinamente e riuscì ad afferargli la coda, ma il felino si divincolò e, con il balzo tanto caro alla sua specie, andò ad atterrare al centro del tavolo della sala. Allora Teo si alzò di scatto e cominciò ad aggirarsi intorno al tavolo, fissando il suo nemico negli occhi. Mormorò anche qualcosa del tipo “non ti mollo”, ma Vì non fu sicura, o non volle credere, di averlo sentito. Improvvisamente l'inafferrabile creatura scattò verso sinistra, Teo si tuffò come il miglior Buffon, ma era solo una finta. Il micio tornò sui suoi passi e se ne andò verso destra finendo sul davanzale della finestra, sottolineando con uno sbadiglio e un'aggiustata ai baffi la semplicità con la quale si era liberto del cacciatore. Da terra Teo fece i complimenti all'abile mossa del suo nemico mortale, si impresse bene in mente la lezione ricevuta e si tirò nuovamente in piedi.
“Non posso credere a quello che sto vedendo!” commentò Vì.
“ODDIO MUOIOOOOOO.” urlò un Ale agonizzante in un ultimo impeto di vita.
Teo analizzò il campo di battaglia e notò che le tende erano raccolte a sinistra del davanzale, allora fissò il felino dribblomane e gli si gettò addosso da destra. Il micietto spaventato si gettò d'istinto dalla parte opposta andando ad incastrarsi dritto dritto nella tendina della finestra. Il gladiatore da salotto allora scattò da terra verso la tenda, si alzò e afferrò il gatto intento a divincolarsi. Lo prese per le zampe anteriori, si girò verso Vì e Ale, che ormai arrancava in ginocchio sconfitto dalla sua allergia, e lo alzò in aria come fosse la Coppa del Mondo. Cominciò anche ad intonare l'Inno alla Gioia.
“E' sicuramente la cosa più grottesca che io abbia mai visto.” disse un'incredula Vì.
“TI SBRIGHI A LEVARE QUEL CAZZO DI COSO?”
Teo aprì la porta finestra del terrazzo e appoggiò a terra, con molto rispetto, il nemico di una faticosa battaglia. Appena toccato il suolo con tutte quattro le zampe il felino rientrò in salotto, passando sotto le gambe del povero gladiatore, con una naturalezza e una tranquillità fuori dal comune. Un tunnel in piena regola.
Teo, sbigottito, urlò contro il cielo come faceva Ligabue nei suoi concerti, solo che nei suoi concerti Ligabue non bestemmiava.
A quel punto entrò in scena Vì, si diresse verso la finestra, scanzò Teo, guardò il tenero micietto, allungò lentamente una mano verso di lui, mosse le dita, schioccò dolcemente un paio di volte la lingua sul palato e il gattino le venne ad annusare le mani. Vì lo prese in braccio, lo portò sul terrazzo e chiuse la porta.
“Imbecille.” disse rivolgendosi a Teo. Poi si girò “Ale, ora puoi entrare.”
“Vì, tu li stai sottovalutando, i felini ci stanno studiando...”
“Oddio non cominciare, ti prego.”
“...ci stanno facendo credere di essere animali domestici, di amare le coccole, invece stanno studiando le nostre abitudini, i nostri schemi...”
“Teo, vaffanculo.”
“...un giorno ci colpiranno Vì, un giorno si ribelleranno e prenderanno possesso del pianeta, è scritto...”
“Vaffanculo.”
“...non parlarmi così, te ne pentirai quando sarai un loro ostaggio, quando la tua sola funzione sarà quella di soddisfare gli appetiti sessuali del Felino Supremo...”
“Che schifo, Teo...un gatto!”
“...non un gatto, Vì...Il Gatto, il nuovo Padrone del Mondo.”
“Teo?”
“Si?”
“VAFFANCULO.”
Nel giro di qualche minuto Ale tornò a respirare e addirittura riacquistò un colorito umano.
“Una casa così grande e ci vivono solamente in due?” osservò, completamento rimesso, lui che ormai vedeva ogni casa come un possibile investimento.
“Calmo, palazzinaro, ci sono anche altre due sorelle nella doppia, ma abitano qua vicino e fanno la settimana corta. Torneranno stasera penso.” gli fece sapere Vì.
Dieci minuti erano già trascorsi e Daniela era ancora presa a pomiciare virtualmente con la sua dolce metà via telefono chiusa in camera sua. Vì accese la televisione in cerca di distrazioni, ma non ne trovò molte.
Venti minuti. La televisone continuava a vomitare parole senza un preciso ordine logico. Si accorse di non aver mai osservato bene la televisione negli ultimi dieci anni, di non aver mai colto la palese vacuità del tutto.
Trenta minuti. Dalla stanza di Daniela fuoriusciva un'infinita serie di riattacca tu, no prima tu, no prima tu, prima tu, prima tu, prima tu, no io no, no io no, io no, io no.
“Sto per vomitera sopra il regalo.” disse un'astioso Teo.
“Hai dei seri problemi con la rabbia. Mai pensato di farti vedere? Se non ti curi prima o poi morirari di infarto.”
“Così non mi sei d'aiuto, Vì.”
“Ma lo dico per il tuo bene! Senza considerare poi eventuali gastriti, la crescente compromissione della capacità di concentrarti, l'ulcera perforante...”
“Se continui mi vedrò costretto a farti del male.”
“...l'aumento esponenziale delle possibilità di beccarsi un'aneurisma, la progressiva perdita dei capelli...”
In tutto questo Ale si era addormentato subito dopo aver capito che sull'appartamento di Daniela non c'era modo di lucrare. Da circa ventinove minuti quindi.
Poi, finalmente, Daniela uscì dalla sua camera.

Sinfonia (Ale, Daniela, Teo, Vì - Allegro)

“Oddio, Ale si è addormentato! Mi dispiace di avervi fatto aspettare così tanto.”
“Non preoccuparti per noi Dani. In quanto a Ale è molto stanco, è venuto a piedi da casa nostra.”
“E perchè mai a piedi?”
“Una lunga storia...” si intromise Teo.
I tre decisero di lasciarlo dormire ancora sul divano.
Il regalo a Daniela piacque molto, naturalmente era stata Vì ad entrare nel negozio, scegliere l'articolo e confezionarlo a casa, Teo aveva avuto solo incarichi di rappresentanza e di supporto morale. Gli stivaletti bianchi le stavano effettivamente bene, ma Teo si era già immaginato la scena di Daniela che scartava il suo nuovissimo e merlatissimo reggiseno e, talmente impressionata dal regalo, si spogliava davanti a loro per provarselo.
Entusiasta dei suoi nuovi stivaletti Daniela invitò i tre a fermarsi a cena, proposta che accettarono ben volentieri. Ale ancora dormiva.
“Dani, come si chiama il gatto?” chiese curioso Teo.
“In nome di dio non chiederglielo!” esclamò disperata Vì.
“Per conoscere il nome del guerriero che mi ha sconfitto.”
“Guerriero? Sconfitto? Mi sono persa qualcosa?”
“Nulla che abbia senso.” disse ancora Vì.
"Kitty! Si chiama Kitty."
“Come Kitty? Che vuol dire Kitty? E' una...?”
“...gattina! Una tenera gattina.” le spiegò Daniela.
“Ah ah, questa non te l'aspettavi eh? Come ci si sente ad essere stato umiliato dalla TERRIBILE Kitty?” infierì lei con tanto di risata beffarda.
“...un po' disorientati devo dire...”
“Continuo a non capire.” affermò nuovamente Daniela.
“Non preoccuparti, oggi Teo è più stupido del solito...ma secondo voi è il caso di svegliare Ale?”
“A noi non da fastidio sul divano, lasciatelo riposare pure.” disse Daniela.
“Adesso lo sveglio, così ci da una mano in cucina, non lo diresti mai ma è un discreto cuoco.”
E dopo aver parlato Teo si diresse verso il divano.
“Che tosti i miei uomini! Entrambi sconfitti dalla terrificante Kitty, l'essere forgiato dalle tenebre nel ventre degli inferi per distruggere l'umanità a colpi di...fusa!!” esclamò Vì.
[*]“Sai benissimo che poteva solo andarti peggio.” ribattè Daniela “Ti volgiono bene come se ne vuole ad una sorella, sono simpatici, gentili, svitati al punto giusto, mai banali. Un po' inaffidabili ma mica puoi pretendere tutto, no?” [*]
“In effetti ogni giorno non saprai mai in che guaio si e ti caccerà Ale, e quale stratagemma stravagante troverà Teo per tirarcene fuori. Di annoiarmi non ho certo tempo!”
Si diressero verso la cucina e cominciarono a preparare qualcosa. Pochi minuti dopo arrivarono anche Teo e Ale che aiutarono, senza ammazzarsi di fatica, in tutte le fasi della preparazione. A cena i quattro si divertirono molto, soprattutto quando Ale e Teo raccontarono la loro personale serata di cui Daniela era all'oscuro.
Poi Daniela propose un argomento che sollevò un'animata discussione.
Daniela: ”Che ne dite se la settimana prossima andassimo alla festa di carnevale?”
Vì: “Ci sto!”
Ale: “Decisamente si.”
Teo: “Assolutamente no.”
Tutti tranne Teo: “Perchè?”
Teo: “Perchè no!”
Vì: “Che due palle Teo, puoi evitare per una volta di fare l'asociale?”
Teo: “No.”
Vì: “Stai diventando monotono.”
Teo: “Allora visto che sto diventando monotono, facciamo così: invece di dire no, da adesso in poi quando vorrò dire no darò una sberla a Ale.”
Tutti tranne Teo: “...”
Daniela: “Eddai Teo, che ti costa? Abbiamo il passaggio in macchina e poi la festa è a Medicina, non si paga neanche l'ingresso!”
Sberla.
Ale: “Ahia."
Vì: “Senti lo sappiamo che non ti piacciono i posti affollati, ma ci divertiremo!”
Sberla.
Ale: “AHIA, ma non puoi infastidire Vì?”
Sberla.
Daniela: “Guarda che nemmeno mascherarsi è obbligatorio!”
Sberla.
Ale: “Cazzo Teo, mi lasci mangiare almeno?”
Sberla.
Ale: ”BASTA PORCA PUTTANA!”
Teo: “E certo, vado li senza maschera a fare la figura dell'imbecille in mezzo ad una mandria di cerebrolesi!”
Vì: “Dani, sai da cosa potremmo vestirci?”
Daniela: “Stai pensando quello che penso io?”
Vì: “Credo proprio di si!”
Ale: “Ehi, ma di cosa state parlando?”
Teo: “Di vestiti ovvio! Ormai sono partite, non possiamo piu' fermarle!”
Vì: “E no caro, non penserai mica di cavartela così! Ti renderò la vita difficile finché non accetterai di venire.”
Sberla.
Ale: “E QUESTA PER COSA CAZZO ERA? NON HA MICA FATTO UNA DOMANDA!”
Teo: “Scusa, è l'abitudine!”
Vì: “Non ti darò tregua!”
Teo: “Non ce la farai mai.”
Vì: “Vedremo.”
Daniela: “Dài, Teo, tanto lo sappiamo tutti che alla fine ti diverti come un matto in queste situazioni, non fare sempre il prezioso!”.
Sberla.
Ale: “La piantiamo per favore?”
Niente sberla.
Ale (sorpreso e con le mani intorno alla testa): “Bé...?”
Teo: “ Questa volta sono d'accordo con te, ma se proprio ti ci sei affezionato, beh...”
Sberla
Ale: "CAZZO."
Daniela: “Allora è deciso, Giovedì prossimo tutti alla festa di Medicina. Ale, almeno tu, trovati un costume decente.”
Ale: “Non preoccuparti, ho già in mente qualcosa di grosso.”
Teo: “Perchè mi stai guardando?”
Ale: “Lo scoprirari.”
Vì: “Teo, al tuo vestito ci penso io.”
Teo: “Fate come volete, tanto io non verrò mai.”
Vì: “Dani non preoccuparti, lascia fare a me. Conta anche lui per un posto in macchina.”
Sberla.
Ale: ”Ehi, pensavo fosse finita!”
Sberla
Ale: “Dani, c'è un posto anche per Vanessa?”
Daniela: “Mmh...con lei saremo in sei, ma sicuramente ci sarà anche qualche altra macchina. Non ci dovrebbero esseri problemi, comunque domani chiamo e ti faccio sapere meglio.”
Teo: “Guarda che siete cinque.”
Vì: “Non esiste, tu vieni dovessi trascinarti per le caviglie.”
Teo: “Ammettilo che non puoi stare senza di me!”
Vì: “Non saprei chi offendere e picchiare per sfogarmi.”
Daniela: “Di posti in macchina ce ne sono di sicuro, non preoccuparti. Ale, mi raccomando, di anche a Vanessa di mascherarsi.”
Ale: “Non preoccuparti, ama fare queste cose.”
Vì: “Che stai facendo stronzo?”
Teo: “Pensavo non lo mangiassi!”
Vì: “Ma ti pare che mi devi fregare le cose dal piatto!”
Teo: “E' un peccato sprecarlo!”
Vì: “E CHI TI HA DETTO CHE NON LO AVREI MANGIATO?”
Teo: “Allora la prossima volta mangia invece di chiacchierare.”
Vì: “Ti odio maledetto.”
In tutto questo la sua coinquilina non spiccicò una parola, forse non poteva credere a quello che stava vedendo. Appena finito di cenare se ne andò in camera sua, mentre gli altri, come da copione, guardarono la parte finale del posticipo prima, e la Domenica Sportiva poi.
Alla fine del palinsesto calcistico Ale e Teo se ne andarono. Vì decise di fermarsi ancora un po'.
“Scusa ma a questo punto fermati a dormire qua!” disse Teo a Vì.
“Oh oh oh, ma senti senti chi si preoccupa per me! E poi sarei io quella premurosa?”
“Non sono preoccupato.”
“Allora perchè dovrei fermarmi a dormire qua? Ci sono pulman fino alle una e mezza di notte.”
“Fa' un po' come ti pare. Per una volta che uno vuole fare la personcina a modo! Ciao ragazze.”
“Ciao cari.” li salutò Daniela.

Duetto (Dani, Vì - Adagio)

“Come stai?”
“In che senso, Dani?”
“Nel senso, come ti senti?”
“Appesantita dalla cena che però era molto buona.”
“Teo ti ha contagiata?”
Vì sorrise: "Sì, me ne sto accorgendo piano piano.", poi si fece seria “Sto bene. Inaspettatamente e dannatamente bene.”
“Inaspettatamente?”
“Bè, sai...non mi sarei aspettata che quest'anno sarebbe stato così bello!”
“Perchè?”
“Così, era una sensazione, niente di concreto. Troppe cose che non ero ancora riuscita a lasciarmi indietro, gli anni da recuperare all'università, il fatto di andare ad abitare da sola con un ragazzo di tre anni più piccolo. Chi l'avrebbe mai detto che è proprio grazie a quei due scemi terrorrizati da una gattina che sono di nuovo felice.”
“Ora ti manca solo un ragazzo!”
“Dani, non ricominciare. Ti ho già detto che non voglio parlare di quest'argomento. Sto finalmente bene così dopo tanto tempo, quando ne avrò voglia, quando ne sentirò il bisogno, mi darò da fare per trovarlo. Per adesso ci sono due quasi uomini nella mia vita e mi bastano quelli.”
“Non ci credo, ti sono bastati sei mesi per affezionarti? A te? Alla gelida Vì? Stai invecchiando, cara.”
“E cosa vuoi? Si cambia nella vita. Poi loro sono meglio di qualsiasi fidanzato. Non devi stare li a chiederti ogni minuto se ti vogliono veramente bene, a decidere cosa fare ogni sera, a inventarti qualcosa per spezzare la routine quotidiana, e quando tornano non si aspettano di trovare la casa in ordine e la cena pronta. Non mi trattano né meglio né peggio di qualsiasi altra ragazza, sono semplicemente una di loro. Sai che ho sempre desiderato essere la persona più normale possibile.”
“Tanto di questa storia ne riparleremo. Ho giusto un paio di amici da farti conoscere! A proposito, ti ricordi Andrea?”
“No.”
“Dai quel mio amico che faceva il pizzaiolo?”
“Ah, sì...vagamente...basso, tarchiato e capello lungo?”
“Tarchiato, diciamo fisicato!”
“Diciamo tarchiato che rende meglio l'idea.”
“Vabbè, comunque lui. Si è appena lasciato con la sua ragazza...”
“Oddio Dani che palle! Non sono mica una partita di pesce da piazzare prima che scada! E dai!”
“Ho capito, lasciamo perdere. Comunque mi fa piacere che tu sia felice, veramente.”
Poi Daniela cominciò a sparecchiare.
“Mi aiuti a lavare i piatti?”
“Mmh...NO.”
“Certo che sei proprio una donna di casa tu! Impara almeno a cucinare!”
“E perchè mai? Teo è un funambolo ai fornelli e Ale sarà pure uno scroccone, ma quando si autoinvita non ti fa muovere un muscolo.”
Ci furono un paio di minuti di silenzio, la stanchezza cominciava a farsi sentire.
“Hai più sentito tuo padre?”
“No, ha provato a chiamarmi un paio di volte quando ero giù per Natale, ma non voglio rispondergli. Non adesso per lo meno.”
“Occhei, scusa per la domanda.”
“No, non preoccuparti. E' tutto a posto."
"E a loro l'hai detto?"
“Con Teo ne abbiamo parlato. E' troppo intelligente per tenergli nascosto qualcosa, dopo un mese scarso che ero lì si era già accorto che tutto quello che facevo, almeno all'inizio, lo facevo solo per non avere tempo per pensare. In più è un buon ascoltatore, ti fa sentire a tuo agio a prescindere da quanto sia difficile dire quello che hai da dire. Al contrario di quello che dice, lui non ti giudica mai. Non è affatto difficile parlare con chi non ha pregiudizi. Con Ale non ne ho parlato, non ce n'è mai stata occasione, ma se dovesse capitare lo farei senza problemi.”
Daniela le sorrise, la sua amica era finalmente tornata in pista.
“Che dici, ce ne andiamo a dormire?”
“Ai suoi ordini, dottoressa!”
Teo era già immerso nel suo letto quando si illuminò lo spacefonino. Era un messaggio di Vì, recitava: “Mi fermo a dormire da Dani. Ci vediamo domani.”
Era un lupo solitario, gli piaceva correre da solo, ma fu contento nel sapere al sicuro chi avrebbe corso al suo fianco ancora per qualche tempo.

Sinfonia (Ale, Dani, Teo, Vanessa, Vì)

La sera del Giovedì successivo una scena degna di essere ricordata si stava svolgendo nel salottino della casa di Teo e Vì. La cantante biondina e la sua amica maggiorata erano in completa divisa sportiva, con tanto di scarpe con i tacchetti e calzettoni di lana, Ale era immerso nei jeans e nelle maglie di Teo, e con il cappello rovesciato sembrava proprio un'imitazione biancastra di un rapper americano. Vanessa si era limitata ad arrotolarsi un rotolo di carta igienica intorno alla testa e a disegnarsi un puntino rosso al centro della fronte. In quanto all'asociale Teo, bè, diciamo che non si era ancora deciso ad uscire dalla sua camera.
“Oh ma ti muovi?” urlò impazientemente Vì, con tanto di codino.
“Un attimo, un attimo, l'arte ha bisogno di tempo.”
“Ma hai la minima idea di quale possa essere il suo costume?” chiese Daniela a Vì.
“No, assolutamente no. In tutti questi giorni non ha mai detto niente al riguardo. Lo sai, è Teo.”
“Secondo me è qualcosa di grosso.” disse Ale.
Poi improvvisamente Teo uscì dalla stanza tra lo stupore di tutti. Era vestito come al solito, ma aveva in faccia una maschera da maiale, di quelle in lattice che aderiscono alla pelle del volto.
Ale: “Perchè ti sei vestito da rapinatore?”
Teo: “Rapinatore? Ma sei scemo?”
Ale: “Dài, è uguale a quelle maschere che si usano per andare a rapinare una banca?”
Teo: “Dici? A me sembra più una maschera da maiale, visto che è il muso di un maiale!”
Ale: “Bah, sarà...”
Teo: “E voi due? Devo dire che mi avete sorpreso!”
Daniela: “Visto? Pratico ed economico, in più originale. Il costume perfetto.”
Vì (fissando Daniela con sguardo invidioso): “Già, peccato che questa maglietta larga mostri impietosamente la mia assenza di tette.”
Ale: “Dai non buttarti giù! Noi ti vogliamo bene lo stesso.”
Vì: “Tu sei uno stronzo. E tu, rapinatore, non provare a fiatare!”
Teo: “SONO UN PORCO. UN PORCO. LO VOLETE CAPIRE?”
Seguirono battute scontate e di basso livello, poi risate, poi applausi.
Arrivarono in pochi minuti alla facoltà di Medicina e, come era scontato, non trovarono parcheggio. Naturalmente ci pensò Ale che risolse il problema in pochi minuti sfruttando lo spazio esistente fra la fermata dell'autobus e il lampione della luce.
“Forse è questa la tua vocazione: parcheggiare automezzi!” gli fece notare Teo.
“Fottiti, porco.”
“Finalmente l'hai capita.”
Appena entrati a Teo venne subito il disgusto nel notare come le sue aspettative purtroppo non fossero state tradite. C'era troppa gente all'interno dell'edificio adibito per l'occasione a discoteca, musica assordante e aria irrespirabile. Gli altri impiegarono pochi secondi a farsi trascinare all'euforia della situazione, mentre lui decise che per alleviare la sua repulsione si sarebbe dovuto affidare ancora una volta ai baristi.
“Mi fai una birra? Grande. Molto grande.” chiese al barista.
“Come?”
“UNA BIRRA GRANDE” ripetè sporgendosi sul bancone.
“Vodka?”
“...”
Visto che la parola non era efficae, ripiegò su altri mezzi di comuncazione. Indicò lo spinatore e alzò le mani lasciando fra loro uno spazio di mezzo metro almeno.
“Ah, occhei, capito. Bel costume complimenti. A quando la prossima rapina?”
“SONO UN MAIALE. “ urlò spazientito.
“Certo certo.”
Afferrato il suo palliativo tornò dagli altri. Trovò solo Vì importunata da Qui, Quo e Qua. Evidentemente Ale e Vanessa e Daniela e il suo ragazzo erano già scomparsi negli anfratti più bui dell'edificio. Scansò i tre paperini con la sua grazia tipica, poi si avvicinò alle orecchie di Vì.
“Te l'avevo detto che sarebbe stata una pessima idea. Adesso che facciamo?”
“Adesso vieni a ballare con me!”
“No no.”
Vì lo prese per un braccio e lo trascinò verso la pista da ballo e fu in quel momento che Teo vide quello che non si aspettava. Vide una semplice maschera di plastica bianca contornata da una criniera di stupendi capelli scuri e sostenuta da un corpo incredibilmente stupendo.
“Ferma ferma.” disse a Vì, e continuò “Vieni con me. Anzi apettami qua, torno subito.”
“Vai incontro al tuo sicuro due di picche?”
“Si cara, ma con una dignità incredibile questa volta.”
Raggiunse la ragazza appoggiata al tavolo.
Non aveva ancora deciso come attaccare bottone quando venne colto di sorpresa
"Ma tu sei un suino!" disse, indicandolo, la maschera.
La voce particolarmente stridula ruppe qualcosa nelle speranze di Teo
“Veramente io sarei un...” disse Teo vedendola andarsene. Si fermò un attimo a riflettere sulla evidente mancanza di gioia della sua generazione, e sul fatto che presentarsi con una maschera da maiale in faccia non era un'idea geniale per rompere il ghiaccio con il gentil sesso. E, come era prevedibile, quando si girò, trovò Vì che stava ridendo talmente tanto che quasi sembrava piangere.
“Se non la finisci ti ridò in pasto a Qui, Quo e Qua.”
“Poverino il piccolo Teo, vieni qua, fatti abbracciare!”, disse lei ridendo ancora a crepapelle, "Nessuna ti capisce, poverino!"
“Non provare a toccarmi, infimo esserino.”
Se ne andarono fuori, Teo per prendere una boccata d'aria, Vì per una boccata di nicotina. Tra una chiacchiera e l'altra con un cavaliere dell'Apocalisse (Carestia, a giudicare dal fisico rachitico. Pestilenza, se invece si focalizzava l'attenzione sull'acne che gonfiava i suoi lineamenti), i due videro Ale e Vanessa impegnati in una pomiciata all'ultimo respiro su una delle panchine antistanti l'entrata della facoltà.
Cominciarono subito a discutere sul possibile futuro dei due amanti come coppia. Dopo mesi e mesi di tira e molla, di cercarsi e allontanarsi, forse i tempi erano maturi. Forse, pensava Vì, un lieto fine era possibile, ma naturalmente Teo, non essendo solito vedere il futuro contornato da un'aura rosa e accompagnato da una canzone smielata in sottofondo, proponeva i suoi dubbi.
Fatto sta che in quel preciso momento, su quella precisa panchina, tutto era perfetto, e il resto non contava.
Lì, in quel piccolo spazio, per i due innamorati, il mondo sarebbe potuto finire in quello stesso istante, ma sarebbe stato perfetto lo stesso. Sembrava in effetti di guardare una coppia con tutti i canoni della categoria. E in fondo anche Teo, per quanto disincantato, avrebbe desiderato per loro un lieto fine.
“Ma tornando a noi” interruppe Vì “ti va di mostrare a tutti che sei un vero rapinatore?”
“Che ti frulla per la testa?”
“Ho un piano, ma mi serve una mano.”
“Ti sto ascoltando Eva Kant.”
“Andiamo al bancone, io parlo col barista, metto gli occhi da cerbiatta, e tu ti inguatti la prima bottiglia che ti capita a portata di mano.”
“Mi sembra un piano ineccepibile. E per l'altro barista come facciamo?”
"E non è che posso fare tutto io! Inventati qualcosa."
Teo sbuffò. "Certo, potrei invitarlo a girarsi un momento. O magari potrei offrirgli del sesso a pagamento!"
"Sei una rottura di palle quando ti ci metti", buttò a terra la sigaretta ormai finita, "Lo facciamo si o no?"
“Facciamolo.”

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