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Le mucche lo sanno

Era il 19 Maggio il giorno in cui mi sono commosso per la vicenda della mucca fuggita in Sicilia e recuperata, poi, dalla guarda costiera mentre stava attraversando lo stretto di Messina.
Il bovino venne in seguito ribattezzato Teresa proprio in onore della località da cui si era tuffata in mare.

-Che palle, anche oggi erba e aria buona, poi passeggiata e stalla...ma perchè tutto questo? Cui prodest? - deve aver pensato Teresa, quel giorno.
-Ma io non ci sto più, e i pazzi siete voi! - deve aver proseguito.
Poi, gettando uno sguardo dietro di sè, deve aver visto quell'immensa distesa blu che è il mare e che apriva all'immaginazione tutto un mondo nuovo da vedere. Potrebbe anche aver distolto lo sguardo, in un breve momento di cedimento, per controllare ancora una volta cosa si stava perdendo: la cima fumante dell'Etna, il pastore dallo sguardo perennemente torvo e code che oscillavano. Non che non lo sapesse, voleva solo l'ennesima conferma.
In quanto ai suoi colleghi, molto probabilmente pensava che si potessero dividere in due categorie precise: quelli che brucavano e quelli che ruminavano.
-E' l'ora!- si deve poi essere detta per spronarsi, e si incamminò verso il mare.

Una storia bellissima, bucolica e a lieto fine: una fiaba moderna.

Se non fosse che un mese dopo vengo a sapere della mucca Yvonne, sorella d'intenti della nostrana Teresa.
La sua storia è ancora più affascinante, e da fiaba passa subito a favola.
Yvonne è in fuga da circa 3 mesi e, nonostante (apprendo da qui) sia stata investita da un auto e penda sopra la sua testa una taglia da 10000 euro, di tornare ad essere carne da macello non ne vuole proprio sapere.

Favola, certo...ma se le storie di Yvonne e Teresa fossero state tramandate in qualche modo? Se qualcuno le avesse raccontate a qualcun altro, e quel qualcun altro ad un terzo ancora e così via?
Magari perchè le loro vicende si sono già impiantate nella memoria collettiva bovina, o magari perchè essi sanno tramandare intere biografie via peti, o forse è solo un caso, ma qualche giorno fa, esattamente il 14 Agosto, evade dalla condanna di una vita in stalla anche Carolina.

Al terzo caso analogo decido finalmente che approfondire l'argomento è il minimo che si possa fare per rendere omaggio all'impeto d'orgoglio delle tre vacche.
Scopro con grande sorpresa che la genesi del mito della mucca ribelle è avvenuta nei territori intorno casa mia.
Gli eventi si riferiscono a un anno fa, e vedevano impegnate ben 4 vacche, questa volta.
In quest'occasione, però, occorre registrare l'entrata in scena dell'elemento drammatico: la promessa di una vita migliore viene spezzata dall'uccisione dei fuggitivi.

Con il sacrificio del protagonista, dunque, la favola diventa mito.
Il mito di Io e Zeus, magari, dove Zeus, per nascondere la donna di cui si era innamorato dalla vendetta di Era, sua moglie, la trasforma in giovenca così da renderla irriconoscibile, permetterle la fuga e farla tornare libera. Non andò proprio così anche in quel caso, e Io non fece quella che si può definire una bella fine.

Yvonne e Carolina, chissà cosa potrebbero combinare insieme, quelle due, se un giorno si conoscessero!










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Il Tea Party ovvero il sogno americano


Ora che finalmente sembra finita la penosa pantomima americana sul suo possibile default (dài, ma vi sembrava il caso?) ho avuto la possibilità di chiarire bene alcuni punti che non mi tornavano.
Punto primo: cosa cazzo è il Tea Party
Punto secondo: qual è lo scopo ultimo di tutta questa patetica messa in scena

Per farlo ho ricominciato dalle basi.

Una nazione che deve ridurre il proprio deficit ha davanti a sè due strade da percorrere: aumentare le tasse o tagliare la spesa pubblica.
Aumentare le tasse vuol dire mettere direttamente le mani in tasca ai ricchi, ai molto ricchi per l'esattezza, mentre tagliare la spesa pubblica significa prelevare indirettamente reddito al ceto medio-basso e basso.
Uno stato liberista è quello che ha una tassazione leggera e investe poco in settori di pubblica utilità quali sanità, istruzione e non prevede forme troppo elaborate di ammortizzatori sociali; è una struttura minimale e poco invadente sulla borghesia, piuttosto evanescente per i più poveri.
Uno stato sociale, d'altro canto, è quello con una pesante tassazione di tutti i ceti più alti ma che sostiene una ingente spesa pubblica ripartita il più equamente possibile fra i settori d'intervento di cui sopra.
Gli stati democratici moderni funzionano tenendosi in precario equilibrio fra questi due casi limite. Puntano sul fatto che per aumentare troppo le tasse i ricchi dovrebbero convincere il 90% dei non ricchi a votarsi contro e che la spesa pubblica possa essere diretta, in qualche modo, anche a sostegno dell'economia privata.
Sto semplificando, ovviamente, ma si tratta pur sempre di macroeconomia spicciola.

In America sta succedendo proprio questo: i molto molto ricchi hanno convinto il 99,9% della popolazione - e dei democratici - a votarsi contro pur di non aumentare le tasse.
Come hanno fatto?
Vi ricordate del punto primo?

Il Tea Party è un movimento politico di ispirazione popolare e conservatrice che prende il nome dal Boston Tea Party, e cioè il momento storico in cui le colonie americane cominciarono a lottare per l'indipendenza economica dal Regno Unito partendo proprio dalla lotta alla tassazione sulla vendita del tè.
Il Tea Party nasce nel 2009 ed è un movimento meno complesso di quello che ci vogliono far credere.
Sono repubblicani e protestano, sempre.
Scendono in piazza e in strada sfilando in cortei, sfoggiando slogan e cartellonisitica standard da manifestazione per chiedere, fondamentalmente, meno tasse e il diritto di vivere in libero mercato.

Un sondaggio dell'Università di Washington del 2010 ha dato una connotazione abbastanza precisa dei componenti di questo movimento:
il 73% non approva la politica del dialogo voluta da Obama con i paesi musulmani
l'82% pensa che gay e lesbiche non dovrebbero avere il diritto civile a convolare a nozze, il 52% (sempre dell'intero campione), inoltre, afferma pure che questi ultimi hanno troppo potere politico
il 74% crede che sì, è importante che i neri e le minoranze abbiano gli stessi diritti dei bianchi cristiani ma no, non è compito del governo garantire questi diritti.

Insomma, sono repubblicani. Dalla testa ai piedi. E neanche troppo moderati.

Sono repubblicani, sono liberali e liberisti, cristiani e scommetteri cattolici per la quasi totalità. E protestano, pure. Quindi sono anche sobillatori.
Sono un sacco di cose, certo, ma di sicuro non sono ricchi.
Oh, se fossero tutti ricchi come farebbe l'America a rischiare il default? Non ci saranno mica tutti questi negri, no?

Pochi fra loro sono ricchi, quasi nessuno è molto ricco, ma pensano e si comportano come se lo fossero, ed è per questo motivo che le grandi corporazioni americane, guidate dai molto ricchissimi, hanno usato il proprio potere su media e opinione pubblica per dar loro risonanza ottenendo quello che volevano: una riforma dura, durissima, che non andasse però a colpire i loro patrimoni.
Tutto qua. Delusi?

Ma in fondo non era questo il sogno americano: un giorno sei un tranquillo ragazzone che fa il bagnino a Dixon, nell'Illinois, e qualche anno dopo diventi il presidente degli States?
N'è forse vero, vecchio Reagan?
Vedete che c'è una speranza per tutti!
E del neonato Tea Party Italia, che dite, ne vogliamo parlare?