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il veto

Per come la vedo io non c'è nessuna ragione al mondo per cui uno Stato, per costituirsi, debba chiedere il permesso ad un altro Stato.
E questa affermazione non nasce da un rigurgito di fierezza nazionalista, ma dalla profonda convinzione che l'autodeterminazione sia un diritto inalienabile di ogni comunità.
Tuttavia, se non si accetta questa visione, e si è convinti, di conseguenza, che gli States possano praticare aborto ed eutanasia nei confronti di qualsiasi nazione del mondo, si dovrà convenire con me che Umberto Bossi, prima di aprire bocca ed emanare sfinito proclamazioni di indipendenza, dovrebbe chiedere a Barack Obama cosa ne pensa della Padania.
O, in alternativa, ricordare al suo (risicato) esercito di Sancho Panza in groppa al trattore che sono le ferite profonde a spingerti a combattere: non bastano certo i piagnistei per le tasse troppo alte, si deve avere dimestichezza con fosforo bianco, fuoco a vista su donne e bambini, carri armati che ti sfondano casa e bagni di sangue.


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rojo


"Rojo" è il sesto album di Giorgio Canali & Rossofuoco, ventiduesimo (potrei sbagliare) dell'intera carriera del cantante e chitarrista di Predappio.
Ancora una volta quello che colpisce è la capacità di Canali di custodire e preservare la sua musica dal vorticoso processo di drenaggio emotivo e sterilizzazione dei contenuti che la circonda.
Il suo dono è uno stile eclettico in cui distorsioni, armoniche, fulgida rabbia militante, citazioni, narrativa cantautorale e passione danzano insieme al limite dell'incesto. Giorgio è un maestro, uno che un passo falso ogni tanto lo potrebbe pure fare, ma non lo fa mai.
Tutti lo dovrebbero ascoltare.

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Il marcio in Danimarca?

Solo ieri pomeriggio sono venuto a conoscenza della vittoria della donna immortalata qua vicino alle elezioni politiche della Danimarca.
La nuova premier si chiama Helle Thorning-Schmidt, ha 45 anni e guiderà la neoeletta coalizione di centro-sinistra dopo 10 anni di ininterrotto governo della fazione opposta.

La Danimarca è una delle economie avanzate con il debito pubblico più basso, e per quanto la definizione stessa di "economia avanzata" sia piuttosto fumosa, vado sul sicuro se dico che ricomprende almeno una ventina di nazioni: gli stati membri dell'Unione Europea, gli USA e il Giappone. Poi, se volete, c'è sempre il gruppetto del BRICS da aggiungere e togliere a piacimento.
La sua economia è improntata ad uno stato sociale molto solido, di conseguenza la pressione fiscale è tra le più alte al mondo ma lo è anche il benessere grazie al meccanismo della redistribuzione degli ingenti capitali che lo stato incassa dai cittadini.

A questo punto, vi chiederete, se un governo di destra ha ottenuto questi buoni risultati, come mai i danesi hanno optatao per una svolta? Le motivazioni politiche, se vi interessa, le trovate a questo link, ma voglio concludere il mio ragionamento ad un livello un po' più elementare.

Proverò a formulare, infatti, un pensierino tanto semplice e qualunquista quanto calzante. Una sciocchezza così banale da non essere nè di desta nè di sinistra (perchè l'estremismo è sempre sbagliato...non è più come una volta...quando c'era lui etc etc):

Se a decidere le sorti di una nazione è un governo formato da persone che hanno ancora una trentina d'anni almeno da viverci dentro, non sarà che in qualche modo, forse, anche solo involontariamente o per egoismo, questo fattore aiuti a migliorare la qualità delle decisioni stesse?





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Chi siamo, da dove veniamo


Eccola qua, per l'occasione in posizione centrale manco fosse un poster. Eccolo qua, il muro alla fine della corsa delle promesse che mi vengono fatte, con sempre meno convinzione, da quando ho memoria.

Dovevamo rinascere, dopo la caduta del muro di Berlino, dopo Craxi e Tangentopoli e, molto più di recente, dopo l'uscita totale della sinistra dal Parlamento Italiano.
E già perchè, mi dicevano, vedrai che il Nostro Paese (quanto orgoglio smaliziato in quelle maiuscole...il Mio Paese, sembravano dire tutti) sarebbe riuscito a superare la fase dei sogni irrealizzabili e dei cuori idealistici infranti. Avremmo lasciato indietro l'utopia.
Via, finalmente, tutte quelle incrostazioni morali! Via il tempo perso ad arrovelarsi il cervello per pensare! Evviva, saremmo stati di nuovo felici grazie alla "liberalizzazione psicologica" (c'è scritto, a propoisto di questo tema, nell'editoriale de Il Foglio di qualche giorno fa) che avrebbe pragmatizzato le nostre scelte e portato l'agognato benessere.
Nessuno sarebbe più morto per una bandiera.
La povertà aveva i giorni contati.

La routine del darwinismo sociale che si rimetteva in moto: eravamo ripartiti!

E invece no, vicolo cieco. La morte dell'utopia ha in realtà spianato la strada all'era di quest'uomo quassù, alla sua visione carnevalesca della società, al suo pensiero micragnoso in ideologie, alla distopia del denaro. Un cancro, quest'ultimo, che ha attecchito subito, perchè non richiede nè immaginazione nè passione e fatica per crescere, solo stupidità. E gente senza speranza.