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E' la post-ideologia, baby!


"Se durante le elezioni politiche avessimo proposto l’abolizione del reato di clandestinità, presente in Paesi molto più civili del nostro, come la Francia, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, il M5S avrebbe ottenuto percentuali da prefisso telefonico"



La Lega Nord regala da sempre perle di razzismo purissimo sul tema dell'immigrazione, l'ultima di queste affermava che il problema si risolve solamente negoziando accordi bilaterali con i singoli stati di provenienza dei migranti, rivendicando in tal senso il lavoro svolto da Maroni negli infausti anni in cui fu Ministro degli Interni. Affermazione assurda perchè presuppone che quegli stati, ovvero Libia, Tunisia, Egitto, Somalia ed Eritrea solo per citare i più ricorrenti, esistano ancora e non siano invece ridotti a terre di nessuno in balia di bande armate e fanatismi religiosi. 
O come se in quelle nazioni disgraziate esistesse un sistema di trasmissione delle informazioni simile al nostro: multicanale (cartaceo, televisivo, digitale) e reattivo, che possa portare a conoscenza di tutti i cittadini che - attenzione attenzione! - lo sbarco sulle coste italiane non configura più azione perseguibile a norma di legge, la nostra legge ovviamente.
Questa seconda assunzione richiede a sua volta, risalendo in verticale un'avvitatissima spirale dell'assurdo, che gente come Bashar-al-Assad (per dire) abbia lo stesso concetto di "legge" e "reato" che abbiamo noi europei o, per allargare il termine di paragone, noi occidente del mondo, e che l'abbia poi trasmesso al suo popolo, rendendolo pienamente conscio del significato di una tale notizia.

Ma tutta questa enorme slavina d'ipocrisia e populismo, questa reazione a catena di scoppiettanti puttanate, impallidisce fino a scomparire di fronte a quanto scritto da Grillo nel suo ultimo diktat che, in un colpo solo, cancella il problema, l'utilità di discuterne e la possibilità di affrontarlo.
Uno vale uno.
Certamente.

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oceano quieto

De Il Buio avevo già parlato tempo fa, ma si era trattato di un breve cenno, poco più che un'annotazione personale, molto meno di quanto sarebbe opportuno.
L'Oceano Quieto, il loro primo lavoro sulla lunga durata, colpisce orecchio e appetito per il tentativo di avvicinare quanto più possibile cantautorato e hardcore, sfruttando la tradizionale attenzione che quest'ultimo genere ha sempre riservato alle liriche e andando quindi a stimolare un terreno fertile con nuove sementi.
Ho atteso un po' per digitare questo post perchè avevo bisogno di capire quanto le piccole sbavature presenti (derubricabili senza problemi alla voce "peccati di gioventù") avrebbero pesato sull'ascolto a medio termine; poi però la convinzione, del tutto personale e opinabile, che svariati gruppi italiani di diversa estrazione musicale includerebbero con piacere ognuna di queste canzoni nei propri album mi ha convinto a fidarmi della prima impressione.
Passi quel pizzico di retorica di troppo in Naufraghi E Viandanti (pezzo bomba), passi pure il testo incompiuto di Da Che Parte State? Lunga vita a questo viaggio all'interno della rabbia, narrata in tutte le sue declinazioni attraverso matti, clochard e pescatori da ragazzi che finora si erano occupati di fare solamente - se così si può dire - un gran bel casino.

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ridere e rideremo


Di democrazia ne parla Beppe Grillo, uno che il simbolo del proprio movimento lo possiede, uno che, al minimo segno di apostasia di pensiero, ti scaglia contro la sua legione di avvocati; di merito e trasparenza parlava invece Oscar Giannino, millantando al contempo lauree mirabolanti e master americani (che fanno sempre tanto chic e in questo caso neanche impegnano); di cambiamento se ne sentiva un disperato bisogno e infatti Bersani è stato scelto dagli elettori a questo scopo e non parliamo di Maroni, neo presidente della Lombardia.
Senza aggiungere che il partito terzo calssificato alle ultime elezioni ha passato gli ultimi due mesi dell'anno scorso a indire ed annullare le proprie primarie, evidenziando il polso del suo segretario-non presidente-non candidato premier, potremmo già dire che la possibilità di essere dei pagliacci la dovremmo per lo meno prendere in considerazione.

Perchè se si sceglie di essere tali, dei pagliacci intendo, occorre almeno far ridere.

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quintale


Esistono due strade per rievocare gusti e sapori vintage in ambito musicale: una fastidiosamente modaiola e paradossalmente tecnologica; l’altra più sobria e squisitamente tecnica.
Per percorrere la prima basta investire una discreta ma abbordabile somma di denaro in tecnologia consumer, abbigliamento hipster e pettinature al limite della decenza per sfornare insulsi e anonimi dischi elettropop del cazzo. 
La seconda, invece, costa molto in termini di tempo, abilità, sforzo e partecipazione
La dignità artistica dei Bachi da Pietra li ha portati  a sviluppare il proprio lavoro sul sentiero dell’artigianato, affidandosi a Giulio “Ragno” Favero (chitarra di One Dimensional Man e basso del Il Teatro degli Orrori) per produrre, completamente in analogico, questo Quintale, album senza fronzoli che prova ad interpretare il rock lavorando per sottrazione: una chitarra, una batteria, sudore e bestemmie.
Ne risulta un suono di chiara derivazione stoner, duro e compatto dalle timbriche plumbee, battuto da riff che grattano la sabbia, ornato da cori a bassissima frequenza. Durante l’ascolto si riesce a rubare giusto qualche boccata di ossigeno nelle (poche) ballate desertiche dai pozzi avvelenati, per il resto si scava a mani nude a cercare melodia là dove si pensa possa esistere solo la pietra.
Nonostante temperatura e densità da camera magmatica, questo è l’album più fresco che mi sia capitato di ascoltare di recente, credibilmente contemporaneo.
Nessuna apologia dei tempi andati e nessuna rancorosa recriminazione passatista, non sentirete mai niente del genere provenire da questo pulpito, però ogni tanto è bene ricordare che la rivoluzione digitale in questo campo ha spesso portato a lavori inutilmente solipsistici, sfacciatamente autoreferenziali e non di rado involuti; per non parlare poi delle bufale clamorose.
Quintale è una vera manna (di granito) dal cielo.
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Surrealismo, epica e i soliti 10 minuti

...e poi, d'improvviso, la nebbia comincia a diradarsi. Non molto, in realtà, appena quanto basta per permettere alle prime luci del giorno di filtrare.
Alle 7,30 del mattino, nel bel mezzo della pianura Padana orientale, ci accorgiamo che campi e alberi sono coperti da un sottile strato di brina.
Finalmente la città.
La stazione, l'aria umida che sa di asfalto e carrozze dismesse e un caffè fumante seduti al bancone. I nostri visi provati, i nostri sorrisi, la nostra quiete inviolabile.
La vaga sinestesia del morbido silenzio che ci circonda confonde il limite tra la sacra intimità della pagina di diario e la strafottenza della narrativa dozzinale.
Senza fretta arrivano un sole spavaldo e un cielo terso, recuperiamo con gioia qualche grado di temperatura.
Poi un altro treno, La Cavalcata delle Valchirie ci accoglie nel vagone. Tensione epica, surrealismo, volume irragionevolmente alto e una prevedibile, quasi scontata, voce dagli altoparlanti della stazione: dieci, maledetti, minuti di ritardo.
Buon anno a noi che siamo scintille.