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Viaggio in musica

L'autoradio con il lettore mp3 è stata una bella svolta per me. Così, complice una piccola chiavetta usb da 8 giga, satura delle più disparate discografie, ho deciso che ogni tanto vi parlerò delle sorprese che saprà tirare fuori dai suoi anfratti digitali durante qualcuno dei miei lunghi viaggi.
Spero che i contenuti possano risultare interessanti quanto basta per sopperire alla scarsa originalità - mi tocca ammettere - dell'idea.

Il Buio - Il Buio

In quella stretta intercapedine situata fra hard-rock, hardcore e l'emo primordiale degli indimenticabili At the Drive-In, questi ragazzi di Thiene hanno infilato due anni or sono un album sorprendente per impatto sonoro e ispirazione, confermando ancora una volta il buono stato del fermento musicale in Veneto.
Nonostante le poche tracce contenute nel lp, non si fa fatica a riconoscere che la band è tosta, già matura per conquistare il bel paese armata di furgone e strumenti e, soprattutto, consapevole dei propri, notevoli mezzi.
Un disco che potete regalarvi con soli 3,99 euro scaricandolo dal loro sito, e scusate se è poco.




Pj Harvey - Rid Of Me

Nel 1993, mentre dal paese a stelle e strisce soffiavano rabbiosi venti di grunge e il metal aveva appena finito di scoprirsi più bello nel trash, un'esile fanciulla pubblicava in Europa un disco incredibile che rivendicava il buon nome del vecchio rock. L'affascinante tripletta inziale formata dalla title-track, Missed (uno dei più bei pezzi scritti in quegli anni fecondi, a mio avviso) e Legs sarebbe bastata da sola per conquistare qualsiasi ragazzotto americano da Boston alla California passando per Seattle, se solo si fosse degnato di buttare un orecchio anche oltreoceano.
Personalmente trovo molto triste il continuo chiacchiericcio sugli idoli di oggi che non sono più quelli di una volta (leggi Oasis e Guns N' Roses) quando un album così se lo sarebbero potuto solamente sognare anche loro, dal basso della loro supponenza.
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il dogma dell'inopinabilità

Vado dritto al sodo, perchè negli ultimi mesi è entrato in circolazione un virus pericolosissimo che ha trasformato tutti in professori di finanza prima e in maestri di retorica poi, e non mi pare il caso di alzare la posta giocando al tavolo della demenza.
Il punto è che sappiamo tutti che l'articolo 18, ormai, rappresenta poco più di una gracile inferriata intorno ad un palazzo che sta diventando maceria eroso dal cancro dell'autoconsunzione.
Perchè, allora, battere sempre sullo stesso chiodo?

L'articolo 18 rappresenta la summa di tutte le conquiste derivate da decenni di conflitti sociali, la fine di un percorso che portava in dote la promessa di un mondo meno sperequato, e la sua quotidiana vessazione rientra tragicamente nella linea politica di un governo che si dice tecnico ma che da settimane dimostra sempre più insofferenza, se non odio profondo, verso tutto quello che è al di fuori della propria ortodossia ultraliberista.
Non sarebbe comprensibile, altrimenti, il rifiuto categorico di inserire nella previsione legislativa la possibilità del reintegro del lavoratore ingiustamente licenziato, diniego che sottotintende la sua colpevolezza a prescindere. Come se un ladro colto sul fatto non fosse costretto a restitutire la proprietà di quanto sgraffignato ma solo una frazione del suo valore in denaro. E' di questo che vogliono spogliare ogni lavoratore, della proprietà (e paternità) dei propri diritti.

E' per questo che non è importante se l'articolo 18 sia o meno determinante per il funzionamento del mercato del lavoro, se le energie rinnovabili siano davvero la salvezza o solo una divagazione lungo il cammino che porta al baratro; è fondamentale che essi vadano cancellati comunque e per primi, perchè sono, rispettivamente, il simbolo di un passato che è stato e di un futuro che potrà essere, entrambi diversi da quelli che i vecchi padroni del mondo potevano capire o sono diposti a prendere in considerazione. Perchè una rivoluzione ideologica si fa così: cancellando ogni vago ricordo di quello che c'era prima e facendo credere che resisterle sarebbe solo ipocrisia, pura ideologia appunto.

Una guerra di religione è vinta solo quando i nuovi dogmi, i nuovi riti e le nuove icone hanno sostituito i loro vecchi corrispettivi nella testa di tutti. Attribuendo capacità senzienti ai mercati finanziari si è voluto dar loro diritti e tutele mai viste prime (attenzione: con lo stesso modus operandi si era agito anche per inquadrare giuridicamente il diritto alla vita degli animali) per creare il dogma del mercato omniscente. Il rito, invece, si consuma nella ripetizione fiera dell'inopinabilità delle scelte fatte in suo nome, deilla sosetenibilità dei modelli pensati a sua éikòna.