Ale, Teo, Vì (Concerto - Vivace) // Prima parte

Sinfonia Ale, Teo, Vì)- Vivace

"Teo che ne pensi di una versione riarrangiata alla chitarra di The Kill dei Dresden Dolls?" chiese Vì.
"Dresden chi?"
“C'é un motivo se non l'ho chiesto a te, Ale.”
"Mmh...dunque, struggente al punto giusto, alternativa ma con stile e di facile presa sul pubblico. Sì, ottima idea. Scelta azzeccata, mi piace!"
"Non so, con la chitarra non mi convince molto..."
"Ma hai ancora cinque giorni, no?"
"Sì"
"E allora! Qual è il problema?"
"Vedremo...comunque, a voi l'onore!” continuò indicando i fornelli “Avete tutto il mio sostegno morale, ragazzi. Nel frattempo io mi occuperò del divano.”
“La classica donna di casa.” la pizzicò Teo.
“Non vi pare che sia più importante che io mi tenga in forma per stasera?”
"E va bene" ribattè "Ma almeno apparecchia. Muovi le membra, animati. Insomma fa qualcosa."
"Prima o poi ti ammazzerò nel sonno...." esclamò lei imbracciando la chitatrra "Comunque, voi due ai fuochi, io alla musica!"
"Mi fido di te, sono molto ispirato oggi, sento l'arte che fluisce nel mio corpo. Non inaridire la mia creatività con delle canzonacce."
Quindi, armati gli uni di coltelli e l'altra di chitarra e voce, tra una zucchina tagliata e una Sad Pony Guerilla Girl, un soffritto di cipolle accompagnato da una Summer On A Solitary Beach di Battiato, una spruzzata di vino al ritmo di L'Abbandono, i due cuochi improvvisati tirarono fuori un pranzo che nessuno si sarebbe mai aspettato, sicuramente galvanizzati dal talento canoro di Vì, che sapeva unire il ricercato e il popolare con una leggerezza disarmante.

Quella Domenica, nel tardo pomeriggio, sarebbero cominciate le partite dei playoff del campionato femminile universitario, e questa novità era molto gradita a Teo e Ale. E sì perchè il campionato vero, la Serie A, era appena finito, e quindi niente posticipo serale, inutile dire che la televisione di Domenica regalava esclusivamente il suo peggio. Stavano inoltre per cominciare gli Europei, e ad un appuntamento così importante non ci si poteva certo arrivare senza un minimo di riscaldamento. Così alle sei in punto i due svitati erano allo stadio per assistere alle nuove prodezze della loro strabiliante coinquilina, che si dia il caso fosse l'ala sinistra della squadra di calcio femminile dell'università, Il terrore dei terzini avversari in gonnella, la regina mancina del tunnel - era capace di farne anche di suola. Un numero dieci spostato a lato del campo, ma pur sempre un numero dieci.
Numero dieci si nasce, non è una cosa che ti possono insegnare nei due allenamenti settimanali di una squadra qualunque di dilettanti, poco importa se universitaria o terza categoria. Ce l'hai nel sangue o non ce l'hai, e questo è quanto.
Fino a quando non conobbero Vì, i due avevano sempre sottovalutato il calcio femminile. D'accordo poteva risultare insostenibilmente lento e macchinoso, poteva risultare uno sport troppo legato al tatticismo e alla strategia più che al libero movimento e alla fantasia, ma...c'era un grosso ma: sugli spalti sembrava di essere alla giornata mondiale della gnocca.
Solitamente, infatti, erano presenti le amiche delle giocatrici, le sorelle delle giocatrici, le amiche delle sorelle e le sorelle delle amiche delle giocatrici, le amiche delle amiche delle sorelle e ragazze generiche che non sapevano come passare la Domenica pomeriggio.
La cosa più curiosa che avevano notato i due improvvisati fan era che neanche le donne portavano gli uomini allo stadio.
“La sottile vendetta del femminismo.” disse una volta Teo al riguardo.
“Cioè?”
“Ma sì, pensaci, le ragazze potevano prendersi le piazze, le scuole, gli uffici del comune, tutto! Potevano prendersi tutto ma niente non sarebbe stato mai un affronto paragonabile ad occupare uno stadio. Lo stadio, capisci! Il santuario della maschilità! Il luogo sacro delle imprecazioni, delle urla, della birra e delle mani sul pacco! Mi stupisco anzi che nessuna psicologa abbia mai scritto niente al riguardo.”
“Sei sprecato su questa curva.”
“Lascia decidere a me dove sono sprecato.”
“Mi diceva Vì che l'altra squadra ha giocato le ultime quattro partite con cinque difensori e due mediani.” disse Teo in piena modalità ultrà. “Lo spettacolo innanzitutto.” continuò sarcastico scambiandosi uno sguardo d'intesa con il compare.
“Secondo me, stasera ce la riportano a casa sulla sedia a rotelle.”
“Cazzate, anche in cinque non riusciranno mai a prenderla.”
“Cinque sono tante, e possono diventare sette all'occorrenza con le due mediane che rientrano...ho paura che se si mettono in testa di prenderla, lo faranno eccome”
La partita iniziò quando il sole cominciò a farsi meno intenso.
Dopo appena cinque minuti fu chiaro a tutti gli spettatori che sarebbe stata più piacevole assistere ad una puntata di Un Posto Al Sole. Di solito si dice che una squadra gioca male perchè punta ad inaridire le fonti del gioco avversario, ma qui la situazione era molto più grave. Una squadra, quella avversaria, della parola giocare non conosceva neanche l'esistenza, mentre l'altra, quella di casa, che avrebbe anche saputo abbozzare qualche tentativo di manovra corale, era troppo impegnata a non scoprirsi in difesa.
“Allenatore cane, allenatore cane, allenatore cane...” ripeteva Teo come un mantra fra sè e sè mentre seguiva attentamente lo svolgersi del gioco.

Interludio (Teo, Ale)

Quest'uscita dell'irascibile Teo era il risultato di mesi e mesi di odio covato verso quell'uomo seduto in panchina. Lui e l'esteta del calcio Ale avevano già avuto modo di litigare furiosamente con l'allenatore della sua coinquilina. Tutto ebbe inizio durante una partita della stagione regolare, una partita già vinta sulla carta che il mister riuscì a perdere con delle mosse tattiche scellerate. La goccia che fece traboccare il vaso.
Il tecnico in questione era uno di quelli fedeli alla vecchia scuola del quattro-quattro-due, modulo che limitava le scorribande della terribile Vì nell'aria avversaria, in cui gli obblighi di copertura e l'esigenza di mantenere l'equilibrio tra i reparti vilipendevano il suo istinto di offendere.
Durante quella discussione, che sarebbe più preciso chiamare aggressione, Ale lo appellò con simpatici epiteti quali “vecchio bastardo” e "brutto stronzo", oltre ad inserire tra questo e quell'altro insulto anche qualche suggerimento di natura tattica, come ad esempio un modulo a tre punte che avrebbe permesso a Vì di esprimere in pieno la propria potenza di fuoco, mentre Teo, che era ormai fuori controllo, intento a descrivere i passatempi preferiti della madre del Vecchio Bastardo, veniva portato via a fatica da una camionata di spettatori intenti ad abbassare i toni della discussione e, se possibile, ad evitare una rissa.
Secondo l'arringa di Ale, più simile ad uno sfogo isterico in realtà, una volta schierata come punta, Vì avrebbe garantito alla squadra almeno un gol a partita, ma il suo allenatore non era affatto interessato alle disamine tattiche di un ragazzino. Ale non si arrese, decise in quel momento che non aveva seguito sedici campionati, tre mondiali (non volle mai considerare come tale quello del 2002), e tre europei per farsi ignorare; decise che non si era sorbito almeno trenta delle cento partite più brutte della storia del calcio per essere trattato come un novellino dal primo stronzo che faceva l'allenatore come secondo lavoro. Continuò così il suo dialogo sopra le righe con il tecnico della squadra. Teo, invece, cambiò deciso argomento lanciandosi in una disamina attenta della moglie del Vecchio Bastardo e dei suoi gusti in ambito sessuale.
“Per colpa vostra, brutti scemi patentati, oggi mi sono dovuta sorbire una sfuriata che nemmeno mio padre quando mi scoprì in bagno a fumare a quindici anni. Senza contare la seduta aggiuntiva di scatti alla fine degli allenamenti.” urlò Vi il giorno dopo quel colloquio poco amichevole.
“Stai esagerando...”
“Ale, ti ricordo che quello che stai scroccando è il MIO cibo.” rispose stanca Vì.

Ballata (Ale,Teo -Vivace)

Insomma, alla fine di questo breve excursus risultava chiaro che c'erano dei dissapori antichi tra i due attenti spettatori e l'uomo chiamato a guidare la squadra in questione.
Comunque la partita era una vera tortura, la manovra di Vì e compagne non trovava sbocchi concreti, mentre lo schema più gettonato delle loro avversarie era il tiraccio senza alcuna pretesa da trenta metri. La fine del primo tempo venne interpretata come un affrancamento da un padrone disumano.
“Io vado a fumare.” disse Teo ad Ale.
“Ma tu non fumi...”
Teo era già sparito. Naturalmente Ale aveva già capito cosa sarebbe successo da lì a poco. Appena il tempo di girare lo sguardo, infatti, e vide un riccioluto e losco figuro comparire alle spalle della panchina della squadra di casa. Dagli spalti, che erano posizionati esattamente di fronte alle panchine, si sentiì solamente farfugliare “Tre punte! Tre! Sai contare fino a tre?”.
Si stava seriamente rischiando l'incidente diplomatico proprio quando l'arbitro decretò la fine della prima frazione di gioco. Ale dagli spalti e Vì dalla panchina tirarono all'unisono un sospiro di sollievo.
Cominciò il secondo tempo e Teo, inarrestabile, riprese: “Sarà ora di attaccare? Rinforza 'sto cazzo di centrocampo e tutti in attacco, tanto queste non tirano neanche se ce le accompagni, nella nostra area.” Era tarantolato.
Poi si alzò un tifoso avversario, a giudicare dai colori della maglia che indossava, che aveva una diversa lettura tecnica della partita da proporre. E infatti gli gridò: “Ma stai zitto, coglione , ve ne facciamo quattro oggi!”
“Eeeeh, co 'sta flemma!”
Qualche scambio di battute dopo i due contendenti erano già faccia a faccia. Per fortuna Ale intervenne in tempo e riuscì a far sedere l'irto guerriero.
A dieci minuti dalla fine della partita successe quello che nessuno più si aspettava. Vì, insolitamente accentrata, fu servita al limite dell'area. Era seguita come un ombra dalla rocciosa centrale avversaria. Si girò, la guardò dritta negli occhi e la mise a sedere con una finta da applausi, avanzò di qualche passo portandosi la palla sul sinistro e, con un rasoterra preciso, scagliò la palla in fondo al sacco.
“IO AMO QUELLA RAGAZZAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!” urlò Teo in un impeto di gioia smodata. Tornò di corsa sugli spalti facendosi largo come poteva, con la grazia di un orso al balletto delle debuttanti. Ritornò da Ale e lo abbracciò e non mancò di far presente l'aggiornamento del risultato al tifoso avversario che prima lo aveva edotto sulla sua lettura della partita.

Sinfonia (Ale, Daniel, Teo, Vì - Vivace)

Alla fine dei novanta minuti i due continuarono a festeggiare come se avessero scommesso svariate buste paga sul risultato finale, e mentre aspettavano Vì e la sua compagna di squadra Daniela, si diressero verso il parcheggio del centro sportivo. Visto che il Katakali la Domenica osservava un meritato giorno di riposo, i due baldanzosi giovani e le due spossate calciatrici si diressero all'osteria di Gerri il Lercio. Una volta arrivati, Teo ordinò due birre, riempì quattro bicchieri, ne prese uno e alzandolo al cielo tributò il primo di una lunga serie di brindisi al talento di Vì.
Le piaceva quando le venivano riservate tutte le attenzioni possibili.
Le due sportive decisero di portare via i personali hooligans prima che superassero il livello di decenza ché non tutti i locali sono il Katakali, e non basta certo farsi chiamare il Lercio per poter aspirare a certi livelli.
Ale si fece lasciare a casa di Teo e Vì, non aveva voglia di andare a dormire, inoltre mandare a dormire un Teo così in forma sarebbe stato un vero e porprio crimine contro l'umanità.
“Sentite, canaglie, io voglio riposare. Ri-po-sa-re, chiaro?. Adesso me ne andrò in camera, mi infilerò nel letto e chiuderò gli occhi per riaprirli domattina. Fate in modo che io non debba mai alzarmi.” minacciò Vì lanciando il borsone con lo stemma universitario in bagno.
“Buonanotte, campionessa.” le disse Teo mentre Ale, intento a recuperare una bottiglia di vino dal frigo, fece il gesto di togliersi il cappello, agguantò la bottiglia, si girò verso di lei tributandole un inchino plastico.
“Vi adoro.” disse lei sparendo in camera sua.
“Vì, puoi lasciarci il computer?” le chiese Teo.
“Tutto vostro. Inutile dirvi che se ci trovio una macchia di vino siete morti entrambi.” disse seria Vì.
“ENTRAMBI” sottolineò poi guardando Ale che faceva finta di niente.
[E' risaputo che vietare un'attività è la maniera migliore per promuoverla] (si può dire meglio), e qundi i due amici si buttarono immediatamente su un certo cinema d'autore, ripercorrendo capolavori quali Blackzilla e La Mia Amica Ha Le Palle. Poi, spaventati dalla potenza comunicativa dell'opera, decisero di congedarsi dalla pornografia spicciola e di buttarsi sulla musica, cercarono eventuali date di concerti appetibili nelle zone limitrofi, scoprirono per caso che anche il Katakali aveva un sito tutto suo anche se dovettero constatare la sua semplicità e sostanziale inutilità. Passarono poi al calcio, lessero le ultime notizie sui convocati delle nazionali partecipanti all'Europeo e le ultime del calcio mercato. Poi finirono inevitabilmente a commentare video idioti e immagini di sedicenti fotografi e pittori sconosciuti.
L'indomani Vì si alzò e trovò Ale ancora una volta schiantato sul divano a crogiolarsi tra le braccia di Morfeo.
Non ne fu affatto sorpresa.
Qualche giorno dopo, probabilmente un Venerdì, il campanello suonò incredibilmente presto. Vì, al terzo squillo, si alzò abbastanza contrariata per quello che stava succedendo e per il menefreghismo del suo coimquilino, e andò a rispondere. Bussò alla porta della camera di Teo.
“E' per te, sbrigati.”
Teo emise un rantolo raccapricciante, raccolse qualche vestito da terra e si avviò a ricevere gli ospiti. Pensava che fosse Federica, la sua collega di corso che doveva passare per lasciargli degli appunti, e magari, nella sua fervida immaginazione, anche per qualcos'altro. Invece appena vide i due uomini sulla porta si accorse che uno di loro aveva una Bibbia in mano. Solo qualche istante dopo gli stessi due uomini stavano correndo giù dalle scale a più non posso, inseguiti dagli ombrelli di Vì che correvano a mezz'aria e lanciati dalla soglia dell'appartamento. Tornò in casa e puntò dritto verso la camera della sua dispettosa coinquilina, che stava nel frattempo soffocando dalle risate avvolta nelle coperte.
Quelle che arrivarono addosso a lei furono, invece, in sequenza: le di lui ciabatte, le sue infradito e le sue ballerine. Poi si passò al turpiloquio, marchio di fabbrica della furia di Teo e, non appena fece per girarsi e tornarsene in cucina dando le spalle a Vì, lei gli saltò al collo. Si azzuffarono per qualche secondo finché l'estrosa calciatrice non riuscì ad avere la meglio.
“Teo, seriamente, non credi che potresti almeno provare a parlare con qualcuno di questi tuoi scatti di rabbia? Non puoi continuare a dare di matto un giorno sì e l'altro pure. Io mi diverto tantissimo quando scleri, ma non penso che alla fine ti faccia così bene.”
“Riecco la mammina che riaffiora in superficie...se tu non avessi avuto questa alzata di ingegno io stamattina me ne sarei stato calmo e tranquillo a dormire almeno un'altra oretta, forse due.”
“Un'occasione del genere non mi sarebbe più capitata...", le scappò da ridere, "senti facciamo così, se ti vedo un'altra volta uscire di cervello entro domenica sera ti prendo a forza e ti porto dallo psicologo.”
“Va bene, mammina, vorrà dire che questo fine settimana non mi schiodo da 'sto divano.”
“No no no, non fare niente non é previsto dai patti.”
“Non è "niente"! Si chiama otium letterario.” rispose fiero lui.
“Stocazzo, Teo”
E ripresero ad azzuffarsi. Poi come al solito Vì ebbe la meglio, e Teo decise che dopo due disfatte in pochi minuti sarebbe stato più dignitoso tornarsene a dormire.

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