Ale, Teo, Vì (Concerto - Andante) // Prima parte

Duetto (Teo, Vì - Allegro)

Scendendo le scale Teo e Vì incontrarono tutte le persone che non avrebbero mai voluto incontrare quella mattina.
Il primo ostacolo a porsi loro davanti fu la compagna del ragazzo che abitava al piano di sotto. Ufficialmente vivevano insieme, ma dopo ogni nottata di sesso erano soliti litigare e andarsene ognuno per i fatti propri. Non appena lei attaccò a raccontar loro l'oggetto del contendere di turno, Vì piantò in asso Teo e si buttò nella tromba delle scale lasciandolo unico uditore, e lui, essendo un cinico dal cuore fragile, non ebbe il coraggio di interrompere l'oratrice fin da subito. Un altro errore, certo non grave quanto aver comprato il super cellulare.
A Teo quei due avevano sempre fatto ridere, erano la rivisitazione moderna di una coppia di sessantottini. Lui vestito sempre di nero, con i rasta che correvano lungo la schiena fino al coccige, tempie rasate, piercing al sopracciglio e al naso. Bello il primo, a suo parere, decisamente esagerato il secondo. Lei immersa sempre in vestiti lunghi dai colori sgargianti, mora con capelli lisci dai quali spuntava, all'altezza della nuca, una ciocca di rasta recentemente appartenuti al suo ragazzo, innestata come prova d'amore. Certo una fedina sarebbe stata più pratica, ma non avrebbe avuto lo stesso significato. Erano simpatici e molto ospitali, ma, come già detto, erano in grado di litigare per qualsiasi motivo, purché fosse del tutto inutile.
Dopo aver piantato Teo ad ascoltare la nevrastenica inquilina del piano inferiore, Vì continuò a scendere le scale rallentando il passo, non voleva certo incappare nel ragazzo del piano di sotto. Sporse appena la testa verso il pianerottolo per accertare che la via fosse libera e si diresse spedita verso il portone. Purtroppo in quel momento la porta dell'appartamento alla sua destra si aprì e Vì si trovò faccia a faccia con il logorroico praticante. Lui aveva una gattina che era solito portare a fare i suoi bisogni nel cortile del palazzo tutte le mattine in cui poteva. A volte si dimenticava di quanto le persone tendano ad essere solo delle caricature di persone. Cercò di svignarsela in tempo, ma fu inutile.
L'avvocato, nonchè perenne stagista, era anche maniaco dell'ordine e aveva dichiarato guerra a germi e batteri. Purtroppo per lui, però, abitando sul pianerottolo del palazzo, era costretto dalla sua idiosincrasia a passare lo straccio ogni maledetta mattina di ogni maledetto giorno di festa. Aveva già bloccato Vì, e ora minacciava anche Teo che era riuscito a divincolarsi, in modo maldestro, della ragazza al piano superiore. Era una vera minaccia alla viabilità interna.
Giunto alla fine della tromba delle scale, Teo si accostò al muro, e sentendo delle voci discutere, decise di aspettare la fine dello sproloquio forense del precario della legge. Proprio per la sua indole da avvocato infatti, gli era sembrato doveroso proporre un'arringa contro il loro inopportuno e rumoroso rientro a tarda notte.
"Festeggiato ieri sera, eh?".
Vì odiava quanto sapeva essere diretto.
"Eh sì, sai, ieri era il compleanno di un nostro amico."
"Tranquilla tanto non dormivo, sono stato a chattare con la mia ragazza fino a tarda ora."
Le bastò questo breve scambio di battute per invidiare Teo ancora fermo al primo piano. Vì sapeva quanto il ragazzo tenesse a far sapere a tutti della sua nuova ragazza. Da quando si erano messi insieme ce l'aveva sempre sulla punta della lingua, pronto a tirarla fuori ad ogni discussione. Teneva a far sapere a tutti di quanto fosse una persona realizzata. Era fiero del suo presentarsi alla soglia dei trent'anni con un buon (possibile) lavoro, un appartamento che darebbe del filo da torcere a un campo da golf in quanto a precisione, e una ragazza solo sua.
Una vita stabile e lineare, insomma.
"Meglio così, sono più tranquilla adesso che so di non averti svegliato. Comunque scusa se abbiamo fatto più rumore del necessario" disse, anche se in realtà le dispiaceva di non averlo infastidito neanche un po'. Di non averlo svegliato e costretto a rigirarsi almeno una ventina di minuti nel letto, giusto per rovinare un po' la sua vita perfetta.
"Svegliato! Adesso non esageriamo!".
A questo punto lei era quasi certa che Teo fosse nascosto dietro il muro delle scale ad aspettare la fine del loro amichevole colloquio, e per questo lo stava odiando.
“Ancora 'sta storia della ragazza!” pensò Teo. Davvero non sapeva contare quante volte l'avesse nominata. Decise di uscire allo scoperto.
“Salve Teo, ci sei anche tu?”
“Buongiorno caro, come andiamo?”
“Benissimo, una splendida giornata per fare le pulizie.”
Una frase completamente priva di senso. Avrebbe voluto dargli una delle sue classiche risposte di traverso, visto che l'avvocato si prendeva gusto a buttargli in faccia la sua vita perfetta, a lui più di ogni altro, a lui che non aveva la minima idea di dove la sua, di vita, stesse andando. Ma alla fine si trattenne, decise che il cerchio alla testa gli procurava già sufficiente sofferenza.
I rei di rientro fuori coprifuoco non avevano idea dell'ora in cui fossero rincasati la sera precedente, ma il guardiano del piano terra se lo immaginavano uno che alle ventuno in punto è in pantofole e vestaglietta rossa in poltrona a coccolare la sua gattina. In quanto a questa fantomatica ragazza poi, nessuno l'aveva mai vista, e nessuno aveva visto lui abbandonare l'appartamento per un intero week-end dalle vacanze di Pasqua, tre mesi almeno.
na volta avevano persino scommesso tra loro sull'esistenza della tanto citata fanciulla. Vì puntò due birre sul fatto che non esistesse affatto, ma a Teo piaceva immaginarla come una diciottenne con molta vita virtuale e poca sociale. E un sacco di brufoli. Puntò su una maniaca delle chat notturne con un nickname che comprendesse almeno una “k” e un cuoricino. Ad ogni modo non avevano proprio voglia di starlo a sentire oltre e, prima che cominciasse a parlare di bollette e turni di pulizia delle scale, lo salutarono e se ne andarono
"Buon dì anche a voi." rispose lui.
Assolutamente odioso.
Usciti in strada realizzarono che la vista sfocata di un Teo privo di occhiali, il gran sole e i postumi della sbronza avrebbero reso quella giornata molto, molto difficile. Naturalmente la strada era affollatissima: giovani coppie a spingere il passeggino, meno giovani con i quotidiani sotto braccio, anziani diretti al bar e lanciati in veraci commenti sul campionato appena terminato. Non ultimi gli immancabili sostenitori del jogging. Passò anche un ragazzo con una custodia a tracolla, forse di una chitarra, forse di un basso, o addirittura di un violoncello. Senza occhiali Teo non lo avrebbe mai saputo, in quanto a Vì, forse non lo aveva neanche notato da dietro i suoi occhiali da sole a goccia.
Guardare il mondo alle undici e trenta di Domenica mattina sorprendeva Teo ogni volta. Non era come negli altri giorni quando è il luogo in cui ti trovi a dettare le tue azioni. Se incontri qualcuno in facoltà è li per una lezione, al massimo per un esame. Se lo incontri in ufficio sarà li per svolgere il tuo stesso lavoro. Ma la Domenica potevi scatenare le tue fantasie, potevi essere in nessun luogo preciso e di conseguenza fare quello che volevi.
Arrivò alla fermata del pulman senza mettere Vì al corrente di quanto il suo cervello stesse lavorando. Per fortuna non aveva bisogno di occhiali perchè di linee e orari era ormai esperto tanto era che abitava lì. Inoltre aveva portato la sua compagna di avventura proprio per risolvere questi problemini di ordine pratico.
Sull'autobus della Domenica mattina non c'era nessuno. I barboni ancora dormivano, chi andava in Chiesa usava la macchina e nessuno stava andando a scuola o a fare spesa.
E' decisamente il momento giusto per cercare un po' di pace in città, la Domenica mattina, anche meglio del parco. Peccato che loro non cercassero né pace né conforto dell'animo, semplicemente un paio di occhiali. Scesero quindi alla fermata che conoscevano e si diressero verso casa di Ale.

Interludio (Ale - Andante)

Il palazzo in cui abitava Ale sembrava guardarti male. Un palazzone qualunque con la facciata annerita dal tempo e soprattutto dallo smog, con quelle serrande grigie tutte uguali e gli aloni di umidità sotto ogni terrazzo.
Non proprio quello che si definirebbe un palazzo signorile, ecco.
Non ci si sarebbe mai aspettati che ci potesse abitare uno come Ale in un posto del genere. Per quanto la sua apparenza tradiva una parte scanzonata del suo carattere, aveva dei modi garbati e un discreto carisma sugli adulti. Caratteristiche queste che gli avrebbero potuto addirittura permettere di campare di espedienti, come effettivamente faceva.

Minuetto (Ale, Teo, Vì - Andante)

Il campanello era indecifrabile. A causa della pioggia e dell'incuria degli inquilini non riuscivano proprio ad associare un nome al proprio tasto. Teo poi non riconosceva nemmeno il suo di campanello, figuriamoci quello di un altro, e quando trovava il portone chiuso uno squillo a Vì era d'obbligo. Poi c'era sempre il problema degli occhiali a peggiorare la sua situazione. Fortunatamente la sua coinquilina aveva già elaborato una strategia, e senza dire niente, guardandolo assorto nella lettura dei campanelli, fece uno squillo ad Ale, che aveva però il cellulare spento. Quando si arrivava a questo punto la tattica era sempre la stessa: posizionarsi davanti il portone ed aspettare che qualcuno aprisse. A Teo era sempre piaciuto affidarsi al caso, lasciarsi guidare dagli eventi, farsi trasportare dalla vita...se non fosse che la vita, di Domenica mattina, non aveva tutta questa voglia di scorrere.
A Vì di Domenica era sempre piaciuto dormire, invece.
“Io lo sapevo che sarei rimasta fregata a seguirti.” lo rimproverò lei.
“Sempre meglio di stare a casa. Magari stamattina incontrerai l'amore della tua vita e il merito sarà solo mio.”
Lei non fece niente se non abbassarsi gli occhiali sul naso e guardarlo da sopra le lenti dritto in faccia. Dopo qualche decina di minuti, quando i due viaggiatori metropolitani cominciavano a familiarizzare con l'idea di morire disidratati, la porta si aprì.
Era proprio Ale.
“Ma guarda un po' che coincidenza! Proprio voi cercavo.”
“Cercavi noi o un pranzo?” lo provocò immediatamente Teo.
“Mi credi così veniale? Tu davvero mi credi...”
“Sentite!" li interruppe lei, per poi farsi propositiva: "Prima che cominciate a litigare come due fidanzatini con i dentini da latte, recuperiamo questi maledetti occhiali e torniamo a casa.”
Ale era un soggetto unico. Secondo gli standard universitari la casa in cui abitava era una reggia. Quattro singole e una doppia, tutte molto spaziose, due bagni enormi ed un soggiorno costruito apposta per organizzare una cena dietro l'altra. Bè, il sagace Ale aveva deciso di subaffittare il suo appartamento a studenti stranieri, così da poter decidere da solo l'ammontare dell'affitto da chiedere e tirare su qualche soldo in più. Cosa che di solito funzionava, tranne in quel periodo. Non aveva trovato nessuno da piazzare nelle diverse stanze e si era quindi ritrovato a dover pagare l'intera quota da solo. Ecco spiegato perchè il suo frigo ricordava una bara in esposizione. A guardarlo nessun lo avrebbe mai creduto, ma alla gente ispirava fiducia, era universalmente ritenuto un tipo affidabile. Aveva sempre la barba di tre giorni, capelli fino alle orecchie mai pettinati, magro come un grissino senza grassi aggiunti, ma con le persone ci sapeva fare, e con il tempo aveva anche imparato a sfruttare il fascino dei suoi occhi verdi dai riflessi azzurri.
"Quindi adesso io dovrei rifarmi otto rampe di scale a salire e altrettante a scendere per i tuoi occhiali? Sono anche un anno più vecchio oggi, abbi un po' di pietà per le mie gambe e i miei polmoni!" supplicò Ale.
"Fottiti. Dammi le chiavi, vado io." sbraitò Teo.
"Sempre al tuo servizio tesoro!"
Le scale erano veramente la cosa più vicina ad una fogna che avesse mai visto. Sul pavimento c'era uno sporco ancestrale, probabilmente era lì dall'inizio dei tempi. La muffa sembrava essere stata disegnata da un pittore dadaista, ma uno di quelli non tanto bravi. Nonostante questo però l'appartamento di Ale manteneva sempre una più che sostanziale decenza. Un'altra cosa che non si direbbe mai di lui a guardarlo è la sua maniacale pignoleria. In più andava considerato che doveva riaffittare le stanze ogni trimestre se voleva vivere, e per tale attività la cura e l'ordine erano prerogative imprescindibili. Teo cominciò a cercare in cucina, sala e bagno. Alla fine trovò gli occhiali in camera di Ale, appiccicati al contrario con il nastro adesivo sul faccione di Robert De Niro in Taxi driver. Li aveva messi li perchè, in preda ai fumi dell'alcol, considerò che si abbinavano perfettamente alla pettinatura eccentrica che aveva l'attore in quel film.
“Anche Andy Warhol dovrebbe inchinarsi al mio talento.” pensò soddisfatto di se stesso.
Trovò anche l'accendino di Vì in salone. Lo prese più per poter sfottere colei che non perdeva minuto per ricordargli la sua smemorataggine che per farle un favore.
Scese le scale di corsa per non inalare troppa aria salmastra e quando uscì vide Ale nella stessa posizione in cui lo aveva lasciato e Vì che gli pizzicava il braccio per capire se fosse ancora vivo. Neanche l'espressione del viso era cambiata un pò.
"Cazzo, ma sei morto?"
"No, tranquillo, sto solo realizzando che a casa tua dovremmo arrivarci a piedi, così mi riprendo un attimo."
"Pessima idea. Andiamo."
“Pessima idea” ribattè Vì “Ma mai quanto quella di uscire di casa.”
Per fortuna all'ora di pranzo il traffico non era così caotico e la passeggiata si dimostrò meno impegnativa del previsto. Le tre figure iniziarono ad aggirarsi con inaspettata agilità per le strade e i vicoli della città, in un'ora a loro sicuramente non consona. Passarono davanti un bar, Ale si fermò.
“Aspettatemi un secondo, arrivo subito.”
Teo lo vide confabulare qualcosa con il barista, poi scomparve verso il bagno, naturalmente aveva già capito cosa fosse andato a fare.
Tre minuti scarsi dopo ricomparve Ale che salutò è uscì con un sorriso stampato. Pochi metri più in la tirò fuori dalle tasche due rotoli di carta igienica compressi all'inverosimile.
“Sei diventato prevedibile.” esclamò Teo.
“Sono prevedibile perchè non mi pulisco il culo con le mani?”
“Punto tuo.”
“Il proprietario del bar è un maestro di meditazione.” cominciò a spiegare “Entri una volta per caso, ordini un caffé e inizi a parlare. Ti fingi interessato alle sue teorie, ti fai vedere una volta alle sue lezioni e il gioco è fatto. Almeno un caffè gratis a settimana e puoi passare ore a leggere il giornale senza l'obbligo di consumare. Impara, pivello.”
“A volte mi sorprendi.” si congratulò Vì.
“Ti offre anche i panini?”
“No quelli no, e poi non sarei interessato: è vegetariano!”
“O mio dio, un altro pericoloso sobillatore del sistema...”, esclamò sarcastico Teo, “Per fortuna che gli alcolici non sono fatti di carne, altrimenti sarebbe già fallito.”
“Credo che l'umanità non abbia fatto ancora abbastanza per meritare una grappa alla costarella o una vodka al filetto.” considerò il suo amico con con lo sguardo perso nel vuoto.
“Già, sarebbe un sogno.”

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