Overture (The Crimson Sunrise)

Era una brava ragazza, ma aveva il vizio di concedersi, ogni tanto, quelle uscite dal retrogusto un po' troppo zen.
"E' perchè il tuo corpo non è in sintonia con questa meravigliosa giornata", se ne uscì all'improvviso.
"E io che pensavo che la colpa fosse dei due litri di vino di ieri sera...che stupido!"
Quella mattina, infatti, si era svegliato a causa dei dolori lancinanti provenienti dal suo stomaco.
"Forse è ora che inizi a fare un po' di sport, non hai più sedici anni."
"Vedi che quando vuoi sai essere veramente saggia." le disse mentre cercava il suo cellulare.
"Cercavi questo? Era nel frigo, sopra il formaggio."
"Un giorno ti sposerò."
"E io ti mollerò per un commercialista cinquantenne obeso con un matrimonio fallito alle spalle, tre figli a carico, gli alimenti da passare all’ex moglie e un progetto di fuga alle Hawaii."
Sapeva essere veramente adorabile quando voleva. Era una ragazza simpatica e solare, e come tutte le ragazze simpatiche e solari aveva una storia personale triste, della quale parlava poco e contro voglia e senza soffermarsi molto sui dettagli, e nessun uomo al fianco. In questi momenti Teo si ricordava perchè la scelse come coinquilina. Poi vivere con una ragazza aveva i suoi vantaggi, ad esempio nelle faccende domestiche, dove il gentil sesso è più esperto e pratico; in una parola: efficiente.
"Questa settimana tocca a te pulire il cesso." sentenziò lapidaria lei, con tanti saluti all'efficienza.
Riempì la bottiglia da due litri dal rubinetto e si diresse in quella desolazione post-atomica che era camera sua. Dovette faticare non poco per trovare uno spiraglio sulla scrivania nel quale appoggiare la bottiglia.
Teo era sicuramente la persona più disordinata che conoscesse, ma questo a lui non dava fastidio. Nel suo disordine ci si ritrovava bene, non perdeva mai niente e ogni cosa, invece del proprio posto, aveva la sua zona della stanza dove stazionava regolarmente. Non lo definiva neanche disordine, piuttosto un altro stile di ordine, proprio perchè, a detta sua, il disordine è casuale mentre il suo diverso ordine era frutto di anni e anni di studi sull'efficienza logistica dei piccoli spazi. Gli piaceva pensare che il suo modus vivendi fosse una lotta ad ogni forma di arredamento. Dall'extreme design al minimalismo, da Philippe Starck all'Ikea, dall'artigianato alla produzione globale. Una lotta totale, un non ordine funzionale. La prima volta che fece questo discorso a Vì, lei gli rispose con un compassionevole "Certo certo" e pacca sulla spalla annessa. Per il cellulare il discorso era evidentemente diverso. Aveva deciso da poco di entrare di gran carriera nel mondo del high-tech comprando uno di quei nuovissimi prodotti ultra sottili e pesanti come un protone. Capì subito che fu un grosso errore quando realizzò che tastarsi le gambe continuamente per assicurarsi di non averlo smarrito poteva risultare, se visto dall'esterno, un odioso tic.
Ma avendo pagato il telefonino come una vasectomia decise di tenerlo ugualmente.
Guardava la camera di Vì attraverso la porta aperta. Non si poteva certo dire che fosse una maniaca dell'ordine ma, dannazione, l'impressione che restituiva era decisamente diversa. Innanzitutto un odore che ti faceva venir voglia di restare là dentro per una vita intera, per non parlare delle coperte arrotolate a chiocciola che, a differenza delle sue buttate a terra, non davano affatto l'impressione dell'incuria. Avrebbe potuto giurare che anche la luce fosse diversa.
Cercò di accendere lo stereo sepolto da fogliame di varia importanza e post-it variopinti. Pensò che un po' di musica lo avrebbe aiutato a riprendere il ritmo della giornata. Oddio, non che avesse molto da fare, ma non avrebbe mai accettato di arrivare alla sera sprofondato nel divano e darla così vinta ai postumi.
"A proposito, mi ha chiamato Ale, visto che il tuo cellulare era spento. E nel frigo." Fece una pausa, probabilmente per compatirlo. Poi continuò:"Comunque, mi ha detto che hai lasciato gli occhiali a casa sua ieri sera."
Si parlava appunto del disordine.
"Grazie cara. Sempre imprescindibile."
Poteva giurare, anche se non aveva sentito niente, che dall'altra stanza lei lo avesse mandato a quel celeberrimo paese.
Trascorsa qualche canzone decise di riattivarsi e andare a recuperare i suoi occhiali. Vestizione: magliette sul pavimento tra comodino e scrivania, scarpe sotto il letto e calzini sopra, probabilmente appesi alla mensola. Dal mucchio estrasse addirittura la sua maglietta preferita, inutile dire che la cercava da giorni. Gliela avevano regalata Ale, Lucio e Katrien, la sua ex-ragazza mezza inglese mezza irlandese, in occasione di qualche compleanno fa. Aveva stampata la faccia di Bart, alias Libero De Rienzo, nel film Santa Maradona. Decise che per portare a termine una missione così importante quella era la maglietta giusta.
“Che fai ancora in pigiama? Dài, vestiti.”
“Non mi trascinerai in questa cosa. Non oggi.”
“Sai che non posso farcela senza di te.”
“Fanculo, Teo” sospirò “Dammi due minuti.”

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