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2010: tanta roba



Non è mica vero, era solo per attirarvi con un titolo che lasciasse un po' di mistero sull'argomento. Per un pensierino però il tempo lo voglio trovare, perchè un anno di Veneto di stronzi me ne ha fatti incontrare tanti (comunque meno di quanti ne avessi previsti) ma sarebbe ingiusto riprendersela con loro.
Io ce l'ho con chi guarda Annozero una volta al mese e poi grida fascista al governo; ce l'ho con chi ascolta Saviano raccontare le sue storie e poi piange lacrime false come i lineamenti di Ray Lovelock per le vittime della camorra.
Fedeli al vangelo secondo Beppe che poi ti vengono a raccontare con atteggiamento messianico, perchè lo scopo è convertire e mai comprendere. Atei con il dogma della legalità.
A testa alta finchè torna il capo, quello grosso, e pugno alzato fino alle 16:30 ché finisce il rientro dei figli alla scuola privata.
Compagni per una sera, intolleranti griffati di rosso.
O partigiano, lasciali qui.
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432 km

Ti metterai in macchina sbuffando, perchè sai che la strada è lunga, che hai le ore contate e che ti toccherà fare almeno una sosta fisiologica negli autogrill che tanto detesti. Ti chiederai: ci sarà qualcuno in grado di arrivare a destinazione senza soste? Ebbene sì. Qualcuno ce la fa. Ma tu non provarci la prima volta.
Sali in macchina e sei dentro la città, e sarebbero dolori per te se non fosse domenica pomeriggio, perchè con il traffico dei giorni feriali potresti impiegare mezz'ora solo per prendere la superstrada. Invece tu hai scelto il giorno giusto e in attimo sei là, in perfetta traiettoria per andare ad intercettare la A14 a Chiaravalle.

Prima di lasciare l'Appenino risalendo il fiume Esino lungo la ss76 adriatica, non mancare di osservare i costoni di roccia nuda sopra i trafori della strada, immagine che non vedrai più per tutto il viaggio già a partire dall'entrata nella Gola della Rossa, dalla quale le Marche cominciano a distendersi verso l'Adriatico, seppure in modo irregolare e con molta calma.
Arrivare a Chiaravalle ti colpirà dritto allo stomaco. Ti sbuca dal niente una lingua d'asfalto che solo a pensare quanto sia lunga ti viene la nausea. Purtroppo essa è anche l'unica strada comoda per arrivare dove devi in mezza giornata scarsa.
E per quanto non perde mai d'intensità la vista della costa e del mare tra Senigallia e Marotta, non riesci proprio a scordare che, dove sei tu ora, prima c'era solo un fitto bosco, e a farti sentire meno in colpa non ti aiutano certo le ruspe meccaniche e i cantieri aperti che spuntano come funghi ai margini della strada.
C'è solo un tratto, uno solo tra l'uscita di Fano e quella di Pesaro, pieno di saliscendi e curve, che, se preso ad una velocità leggermente superiore a quella di crocera, diventa talmente divertente da guidare che si fa quasi perdonare di essere un'immonda ferita grigia tra le verdi colline che nel giro di pochi chilometri daranno vita alla Romagna.

Tra Riccione e Rimini Nord la spartizione delle frequenze dell'etere è stata fatta un po' alla cazzo di cane, di conseguenza Virgin Radio, Radio Italia e R-101 si sovrappongono creando un sottofondo fatto di crepitii e voci dall'oltretomba, rendendo oltretutto impossibile l'ascolto delle singole stazioni. In compenso, dopo Rimini Nord la strada si allarga acquisendo una terza corsia, e comincia ad allontanarsi piano piano dalla costa per correre incontro alla pianura. Ormai gli Appennini sono lontanissimi, e l'orizzonte si allarga così tanto che ti fa quasi male agli occhi. Per vedere le prossime colline bisognerà rivolgere lo sguardo in direzione della Toscana e aspettare Imola, anche se esse diventerano degne di tale nome solo alle porte di Bologna.
A vederlo in movimento, questo agglomerato di campi coltivati adiacenti non ti sembra offrire riparo o protezione nè al viaggiatore nè agli abitanti. Gli alberi sono talmente pochi che non troveresti neanche un posto dove ripararti, se cominciasse a piovere all'improvviso.

Il raccordo di Bologna, o almeno la parte iniziale, cioè quella che va da San Lazzaro all'uscita di San Donato, è talmente brutto che potrebbe piacere solo ad un ingegnere appassionato di schemi e matrioske. E' sviluppato in modo concentrico e pare così tanto impiantato tra gli edifici da sembrare un enorme polpo gigante impazzito che ha deciso di occupare la città. E così, mentre imbocchi la A13 verso Padova, non stai verramente correndo sull'asfalto drenante dalle sfumature sabbia, ma su uno dei suoi tentacoli, precisamente quello che punta a nord/nord-est e che la creatura gigante ha distesto per andare ad aggrapparsi ai colli euganei, anomalia veneta della pianura padana.
E' esattamente qua che il tuo cervello smette di pensare, provato com'è dalla monotonìa di 250 km circa di strada quasi dritta.

Se percorri il tratto dopo l'uscita di Ferrara Nord di notte, puoi provare una strana sensazione di smarrimento. Dopo l'uscita infatti, e per una piccolissima manciata di chilometri, al di fuori della segnaletica stradale posta sopra e ai bordi delle carreggiate non c'è nemmeno una luce. Non una lampadina di un rustico abitato nè quelle di una cascina di campagna, non un lampione nè i fari di qualche auto che percorre una mulattiera tra i campi. Solo oscurità, buio completo. Sembra di tuffarsi nel nulla, e ti viene naturale affondare il gas per andare a vedere come va a finire. Purtroppo il gioco finisce subito: il ponte che scavalca il Po ostenta, sulla punta più alta della parabola che disegna a mezz'aria, il cartello che reclama il confine fra Veneto e Emilia-Romagna. Una volta arrivati là, nelle campagne intorno Occhiobello, si cominciano a scorgere palazzine illuminate, adibite probabilmente a ospitare uffici aziendali di ditte locali, e così tutto torna bruscamente meno spettrale e misterioso e, al tempo stesso, molto meno affascinante.
Proseguendo l'autostrada fino alla fine si arriva a Padova, dove inizia quel dedalo infinito di acciaio e cartelloni verdi che è il suo raccordo. Forse avrai avuto la sfortuna di capitare a Roma o Milano in macchina, o forse solamente su raccordi meno caotici e aggrovigliati, ma un simile delirio curvilineo non te lo scorderai più.
In un contesto del genere non ti sarà facile trovare la strada che risale dritta a nord verso la palude Castelfranco, prima di virare leggermente a nord-ovest per andare a lambire le prealpi venete fin dentro Bassano del Grappa. E' una strada a scorrimento veloce che non soffre particolarmente il traffico, fatta eccezione per alcuni tratti urbani, e solo quando arrivi a Resana, dove la strada ritorna una modesta statale a singola corsia per senso di marcia, il cartello che delimita la Provincia di Treviso ti fa capire quanta strada hai fatto. Sei alla stessa altezza di Milano adesso, la tua cavalcata sta raggiungendo le quattro ore (al netto della sosta) se il traffico non è stato troppo denso, le palpebre sono pesanti perchè è da dopo Cattolica che nel paesaggio cambia solo la tonalità di verde.

Quando sarai arrivato a destinazione ti faranno male le gambe. Non come se te la fossi fatta a piedi certo, ma lo stesso ti faranno male, e per tutto il resto della giornata non farai che stiracchiarle non appena ne avrai l'occasione.
Sei a destinazione.
Forse.
Ma finchè ti riterrai un nomade, avrai salva la vita.
Finchè avrai la forza di non comprarti una casa con sistemi di allarme per renderla sicura ed inespugnabile come una prigione, non avrai ancora scordato che sarai tu stesso a doverla abitare.
Finchè non firmerai un mutuo opprimente come un burqua per acquistare un maledettissimo suv, per percorrere i dieci chilometri che ti separano dall'ufficio, potrai guardarti allo specchio con sufficiente onestà.





ndr: vedi cosa succede a passare un Venerdì sera a parlare del successo editoriale improvviso dei travel books!