Requiem (The Crimson Sunset)

Era una uggiosa giornata di Settembre, Teo era affondato nel divano a guardare i cartoni pomeridiani mentre Lucio stava togliendo le ultime cose dalla camera.
Livia, così si chiamava la nuova coinquilina che aveva scelto Teo, aveva chiamato dicendo che sarebbe arrivata dopo pranzo.
“E' finita la pacchia, caro il mio stronzone! Niente più calzini ovunque. Niente più rutto libero dopo i pasti e pantaloni sempre addosso, anche a Luglio.”
“Mi dispiace ma sui rutti non transigo”
Dopo due anni di convivenza Teo e Lucio assomigliavano più a una coppia sposata che a due amici. Lucio ricordava ancora il giorno in cui conobbe Teo.
Era al gabinetto dopo il terzo caffé della giornata quando all'improvviso suonò il cellulare.
“Pronto? Si mi chiamo Matteo, ho ventuno anni e chiamo per l'annuncio trovato in facoltà della singola in affitto. Mi chiedevo se fosse possibile vederla.”
A giudicare da quelle parole, se Lucio non avesse fatto visitare la casa a Teo non avrebbe mai capito che razza di idiota fosse. Gli bastò qualche minuto per capire che era lui quello giusto, appena il tempo di farlo entrare, di poter osservare il suo volto da quattordicenne, il suo casco di ricci, i suoi occhi vispi che emanavano luce propria dentro ad una spessa barriera di vetro, di svolgere le presentazioni di rito e fargli esclamare “Ma questo tappeto è stupendo!”
Solo uno con le rotelle fuori posto poteva farsi colpire da un tappeto nella scelta di una stanza dove poter abitare.
Un attimo dopo ecco Lucio che descriveva il vicinato a Teo come per prepararlo ad inevitabili incontri spiacevoli, come se fosse già uno della casa. E in effetti lo era. Da quel giorno si seguirono due anni di pazzie, feste, discussioni, concerti, tutto rigorosamente insieme. Da quel giorno nacque quell'amicizia destinata a durare una vita.
Suonò il campanello, Teo si affacciò alla finestra, perchè con citofoni e campanelli non aveva grande dimestichezza, e vide Livia per la seconda volta in vita sua, piccola piccola come poteva sembrare dal terzo piano. Scese e la aiutò a portare su le valigie, con lei c'era anche la sua amica Daniela, ovvero due tette con dietro una ragazza.
“Allora? E' arrivata la nuova coinquilina?” domandò Ale al telefono.
“Sì, Livia è arrivata dopo pranzo.”
“Passerò per conoscerla il prima possibile.”
Naturalmente il prima possibile per Ale significava l’ora di cena. E se non fosse venuto accompagnato da Vanessa si sarebbe potuto pensare che volesse scroccare una cena. Tipa strana questa Vanessa, aveva delle fisse particolari.
“Piacere, Ale.”
“Livia.”
“Vanessa.”
“Livia, piacere. Questa è la mia amica Daniela. E’ da quando sono arrivata che Matteo mi parla di voi, finalmente vi conosco! Ale sta per Alessandro giusto?”
“In realtà è Alexandro...lo so che è strano, ma i miei si erano messi in testa di darmi un nome che fosse solo mio!”
“Perché non Floriano, allora? O Ezechiele, perchè no?”
"..."
"Scusa, scherzavo!"
“Non volevano darmi un nome strano o spocchioso. Volevano un nome normale, come tanti, ma con qualcosa che lo rendesse unico. So che è orribile, chiamami Ale e la risolviamo così”
Passarono molto tempo a chiacchierare e a conoscersi. Sembravano funzionare bene tutti insieme, ma Teo, e in cuor suo anche Ale, sapevano che Vanessa se ne sarebbe andata presto, era troppo evanescente per fermarsi più del necessario. In quanto a Lucio, beh, era stato il compagno di mille serate per Teo e Ale e sapevano bene che sarebbe stata dura farne a meno per un anno intero. Tuttavia non si respirava malinconia nell'aria, c'era una bella atmosfera, serena, distesa. C'era la sensazione che ricominciare sarebbe stato bellissimo ancora una volta.
Poi, dopo i brindisi di rito alla partenza di Lucio e le promesse di raggiungerlo prima o poi Dublino, Ale, Vanessa e Daniela se ne andarono.
“Simpatici i tuoi amici, penso che mi troverò bene qua. Certo che Alexandro...insomma, una x sarebbe un carattere particolare? Non ha senso!”
“E’ Ale che non ha senso", fece spallucce, "Imparerai a volergli bene.”
Vì era stata avvisata del fatto che Lucio sarebbe dovuto rimanere per un pò nella casa dopo il suo arrivo. L'aereo per Dublino sarebbe partito due giorni dopo e non gli era conveniente tornare a casa per un lasso di tempo così ristretto. Naturalmente avrebbe dormto sul divano lasciando alla nuova arrivata la camera. Livia non aveva sollevato problemi al riguardo.
“Hai più sentito Katrien?” chiese Lucio a Teo.
“Qualche settimana fa, poco dopo il suo ritorno a Belfast. Mi ha detto che il viaggio era andato bene, che aveva un sacco di cose da fare, rivedere i vecchi amici, trovarsi un nuovo appartamento in città per l'anno che stava iniziando. Cose così. Mi ha fatto piacere sentirla.”
“Quindi è proprio finita?”
“Sì, Lucio, è finita. Fin da prima che se ne andasse.”
“Mi dispiace per te amico, veramente. Katrien era davvero una ragazza incredibile, ma te l'avevo detto che non ti sarebbe convenuto metterti con una studentessa Erasmus.” disse, non con il ghigno di chi sapeva di aver ragione fin dall'inizio, bensì con il sorriso triste di chi condivide il tuo dolore.
“Cazzo, Lucio, non è che ogni cosa debba essere per forza come la lezione all'università. Non è che ogni storia debba avere per forza una morale, o debba contenere una lezione da imparare. Capita che ci si innamori e basta. Vuoi la lezioncina? Eccotela, prendi nota: è nella nostra natura cercare un senso in quello che ci succede, ma il più delle volte una storia, bè, è semplicemente una storia. Non ci sono progetti divini che muovono gli eventi, non c'è un fine ultimo, non è una metafora e non ci sono indizi da svelare per arrivare alla soluzione. Anzi, non c'è neanche una soluzione di solito. Una storia inizia e finisce. Nel mezzo si consuma. Punto. Non è che per questo non possa essere bella ed emozionante. Poi ci sono le storielle, più corte e più semplici, quelle in cui inizio e fine coincidono, molto spesso nello stesso luogo, e anche quelle sono certamente degne di essere vissute.”

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