Persepolis

Un bel cartone animato è Persepolis.

Prima di tutto è un vero cartone animato, come quelli di una volta: disegni in movimento nati dalla matita e non da un delirio di pixel che tentano invano di riprodurre e avvicinarsi alla realtà.

La storia vera di Marjane Satrapy, donna iraniana che ha vissuto il dramma di un paese in rivoluzione contro un governo totalitario destinato a cadere nel regime islamico piu' buio che si possa immaginare, che scappò in Europa senza mai dimenticarsi di essere diversa e forse speciale, che infine ritornò negli anni della guerra contro l'Iraq di Saddam.

Le vicende della bambina Marj sono raccontate senza retorica e nel modo piu' diretto possibile: lei vede i cattivi come uomini neri con la barba lunga, mentre i biondi ammalianti e carismatici sono i buoni.
Indossa un giubbotto con la scritta "Punk is not dEd" e ascolta gli Iron Maiden perchè crede che questo sia il massimo per dimostrare la propria eversione. Nessuno le spiega che non puo' essere così facile, lo capirà da sola crescendo.
Una bambina come tante che non capisce quello che le dice dio perchè le parla di cose troppo complicate e astratte per la sua mente ancora così pragmatica, che sente pronunciare dai suoi genitori parole come comunismo, proletariato, rivluzione e le ripete fiera all'infinito perchè non puo' comprendere il dramma e la storia che questi termini si portano dietro.

Storia che diviene poi il paradosso di una ragazza che conosce e capisce il valore della libertà e degli ideali in un paese impegnato in una sanguinosa guerra civile per retrocedere al Medioevo e incontra la miseria e la depressione nella libera, liberale e civile Vienna.
Una ragazza che parte troppo provata dalla pesantezza della vita nel suo paese per potersi integrare completamente tra i frivoli giovani europei, per entrare nei loro discorsi da rivoluzionari medioborghesi, e torna troppo persa in se stessa e carica di quella atarassia e di quel menefreghismo caratteristici della cultura occidentale per sentirsi a proprio agio tra la sua gente, fiaccata da un'autorità dispotica, ma che non ha ancora perso la voglia di vivere.

I ricordi in bianco e nero della donna Marjane sono essenziali, netti e quindi ben definiti.
Ci viene rivelato solo il necessario, senza neanche l'ombra di un colore ad abbellire un sorriso o ad ornare una stanza. Nulla, solo narrazione. Senza neanche troppi personaggi, solo la famiglia composta da genitori occidentalizzati, una nonna tostissima e uno zio rivoluzionario ucciso dal regime.
Per tutti gli altri personaggi che hanno segnato quegli anni si registrano solo fugaci apparizioni. Marx e dio compresi. Non importa quanto siano stati storicamente importanti, nella vita di Marjane non c'erano e quindi neanche nel film. Neppure l'Ayatollah Khomeini viene mai nominato

Una favola moderna insomma, o forse no, che ci ricorda che totalitarismi, soprusi e costrizioni sono tutte cose che non esistono nella realtà, solamente nella testa degli uomini; ci ricorda che i grandi problemi dei nostri teen-ager smarriti, senza stimoli e svuotati di ogni interesse derivano solo dall'opulenza di una cultura che ha saputo diventare certamente piu' civile, ma non meno bigotta, ridicola e vacua di quelle da cui si è evoluta.

Che Rambo vada pure da solo con un mitra a liberare la Cambogia dunque, che Rocky 1000 batta l'ennesimo avversario e che Indiana Jones scorazzi ancora tra beduini e deserti come avesse ancora 30 anni, intanto Marjane ci ricorda che l'unico nemico che dobbiamo temere abita nella nostra follia e che siamo esseri troppo banali e fragili per poterlo sconfiggere.

Vedere Persepolis mi ha fatto tornare in mente l'immenso Giorgio Gaber quando cantava
"Io non mi sento italiano,
ma per fortuna o purtroppo lo sono.
Questo bel paese forse è poco saggio,
ha le idee confuse,
ma se fossi nato in altri luoghi poteva andarmi peggio"

0 commenti: