la vita agra, ovvero la grammatica della resistenza


C'è stato un periodo, nella musica indipendente italiana, in cui o eri Le Luci Della Centrale Elettrica o non eri nessuno.
Più o meno quattro anni fa, infatti, il progetto musicale di Vasco Brondi e Giorgio Canali cominciò a farsi conoscere con l'omonima demo, scarna seppur già interessantissima. Quella che era appena più che una lista di punti programmatici stilistici sarebbe poi diventata "Canzoni Da Spiaggia Deturpata", l'album più importante e rappresentativo, a mio parere, di tutti gli anni zero.
Da quel momento in poi nessun indierocker integralista fu più disposto a permettere a qualche nuovo gruppo o cantautore di scalfire il suo prezioso mondo solipsista, faticosamente coltivato proprio a partire dalle collisioni semantiche dell'Antivasco nazionale.
Negli anni 2008 e 2009, Brunori Sas a parte, videro la luce molti dischi decisamente importanti, ma nessuno che portasse una firma incensurata.
Poi qualcosa cominciò a cambiare: l'acustica a chilometri zero di "Meteo" dei Ratafiamm, il piacevolissimo "Rivoluzioni a pochissimi passi dal centro" dei Verlaine, l'incredibile "La Macarena su Roma" di Iosonouncane e, infine, le imprevedibili sonorità eighties de I Cani portarono finalmente aria nuova nel panorama nostrano. Tutti questi esordi dalla marcata personalità si imposero, rompendo definitivamente l'obbligo di essere naif per risultare convincenti, proprio quando sembrava che toccasse ancora una volta a Vasco Brondi togliere tutti dall'impasse creativo.

Questo sunto vorticoso, straripante di nomi, solo per farvi capire quanto sono contento oggi di parlare de "La Vita Agra", primo frutto del progetto solista di kappa, in arte unòrsominòre. (si scrive proprio così, come tiene lo stesso kappa a precisare: con gli accenti e il punto alla fine).
Non che questo di cui mi appresto a parlare sia l'esordio del musicista veronese, ma il fatto che abbia stazionato sempre in ambienti pressochè periferici del panorama nazionale tiene valido il discorso.

Sono parole stanche, quelle che vengono pronunciate ne "La Vita Agra", tanto nei momenti concitati quanto in quelli più riflessivi; stanche di sopportare perifrasi circostanziali che servono solo a non arrivare mai al punto, che segnano un'incolmabile distanza dall'ironia facilona da format televisivo, quella che più che far bene al cuore ti fa morire scemo.
Ma questo è anche un disco musicalmente molto ben curato, dove armonie tendenzialmente lineari vengono farcite da fughe di chitarra in sottofondo e dissonanze sparse un po' ovunque, elementi che vanno a minare la serenità dell'atmosfera.
E se spesso musica e parole sembrano messe insieme per dispetto (Il Mattino del 26 Luglio, per dirne una), il disco sa concedersi anche ad orecchie meno volenterose con improvvise aperture melodiche (Storia dell' Uomo Che Volò Nello Spazio del Suo Appartamento, Celluloide, La Vita Agra II).

Insomma, questo è un disco meraviglioso, un ascolto necessario per riportare l'attenzione del dialogo civile, ormai perso a rincorrersi in inferni artificiali infestati dagli spread e dai default, indietro a temi più naturali e propri della società umana.
Se, poi, vi è mai capitato di incappare, per caso o per passione, nelle opere di Luciano Bianciardi, bè...ma siete ancora qua?

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