Diario di una veglia concettuale

Vedere il passato di tutti vivendo il proprio presente, aspettando il proprio futuro, che è dubbio, che è opportunità e minaccia, che è speranza per quello che potrà essere e rabbia per quello che non sarà mai. 
Vedere lo stesso cielo che è stato di Chernobyl, di Auschwitz, del Darfur, di piazza Tiananmen, di Berlino (non quello del 2006, sebbene sia quello un ricordo bellissimo), il cielo ridisegnato dagli astrologi, spiegato dagli astronomi e segnato dal tragitto di moduli e satelliti, il cielo ultratecnologico di Tokyo e New York e il cielo incontaminato del Sahara e del Tibet. 
Nessun significato immediato, solo una foto in nero e giallo, bello perchè tutto da significare.
Essere una infinitesimale parte del tutto. Del tutto? Essere una parte, piccola. 
Non c'è bisogno di vedere un dio dietro tutto questo per rendere il cielo un'immagine poetica ed evocativa, basta un po' di immaginazione e liberare il pensiero, operazione molto facile quando lo sguardo non trova riferimenti a cui ancorarsi. D'altronde l'immagine del cielo la conosciamo tutti, non abbiamo certo bisogno di passare notti a fissarlo per ricordarci di cosa si tratti. La sua immagine è un punto fermo, un riferimento. O no? Per fortuna qui non arriverà mai nessuna professoressa a leggere quello che ho scritto e a farmi notare, con arroganza e superoirità, che sono caduto in contraddizione. Posso quindi permettermi di cambiare idea senza dover rinnegare la precedente, perchè mi sembra buona lo stesso.
Insomma non so bene cosa pensare osservando il cielo, sempre ammesso che ci sia qualcosa che ci debba per forza venire in mente quando lo guardiamo. Ma non credo.
Oddio che fatica, meglio chiudere gli occhi. Farò così, partiro' da un mio assunto che sarà anche la conclusione di questo discorso sconclusionato: lo preferisco al soffitto di casa mia.
Opinione semplice e banale d'accordo, terra terra se volete essere cattivi nel giudizio, ma non meno di tutte le cose piu' belle della nostra vita, come il primo caffè della giornata o una birra al bar con gli amici. Non sono mai stato un poeta, alla magniloquenza della Divina Commedia ho sempre preferito un panino con la mortazza o, al massimo, un coro di bambini che canta we don't need no education.
Lascia comunque il sorriso riuscire a cogliere con lo sguardo la scia di una stella cadente, anche per chi non crede in niente oltre a quello che c'è. Può bastare.

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