libero software in pessimo Stato

Leggo con apprensione un commento di Elio Gullo, direttore dei sistemi informativi di Enpals-Inps, sulla questione dell'utilizzo del software libero nella Pubblica Amministrazione, uno di quei tanti temi talmente semplici da capire nella loro ragionevolezza da non essere mai presi seriamente in considerazione.
Il direttore dice:

"Come direttore dei sistemi informativi, se qualcosa va storto devo potermi confrontare con un mio pari grado dal lato fornitore che risolva il problema e risponda eventualmente dei danni. Se il mio fornitore sono 10.000 sviluppatori sparsi per il mondo, con chi dovrei parlare? Pagare le licenze, insomma, significa comprare anche garanzie"

Sono veramente spaventato dal fatto che un direttore di una divisione informatica di una delle più grandi aziende del nostro paese possa avere una concezione di rapporti produttivi ancora così retrograda, capace unicamente di perpetrarei modelli passati (già dimostratisi ampiamente fallimentari, tra le altre cose). Non c'è bisogno di ricordare che la battaglia sul software libero va ben al di là della mera contabiizzazione dei costi statali o dell'efficienza tecnica, andandosi ad inserirsi in un impianto teorico molto più ampio in cui sono comprese tutte le battaglie di resistenza e civiltà che vengono proposte negli ultimi anni, a cominciare da quella sui beni comuni; ma vale la pena ricordare al megadirettore in questione che con il software libero - pensate un po!- non ci sarà più bisogno di un fornitore. Che magari, caro megadirettore, la scusa buona per rompere la struttura classica (e anche un po' classista) della filiera produttiva, che per noi semplici cittadini è tutto fuorchè un dogma, potrebbe venire proprio dalle macchine! Quale sorprendente vendetta della storia sarebbe questa, caro il mio megadirettore!

Fonte: L'Espresso.

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